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Adelphi: Piccola biblioteca Adelphi

Tutte le nostre collane

Ucronia

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 160
Nel romanzo di Sarban "Il richiamo del corno", un ufficiale della Marina britannica sperimenta l’incubo di risvegliarsi in un mondo nazificato, dove i prigionieri-schiavi sono selvaggina per la caccia di un feroce sovrano: un’allarmante rappresentazione della storia come avrebbe potuto svolgersi – o ucronia, come l’ha definita nel 1876 Charles Renouvier. Che nasca dal rimpianto o dalla ribellione, da un credo filosofico-religioso o dall’attrazione per gli infiniti possibili, ogni opera ucronica è destinata a falcidiare certezze, a dinamitare la nostra visione del mondo, giacché insinua il dubbio che la storia sia un gigantesco trompel'œil e che anche la più confortante realtà possa di colpo vacillare, spalancando abissi angosciosi. A questo sovversivo genere letterario, cui lo lega una tenace passione, Emmanuel Carrère ha dedicato una seducente riflessione che, oltre a ripercorrerne le tappe salienti, ne addita le sconcertanti implicazioni: i regimi totalitari non hanno del resto adottato la tecnica ucronica per imporre una storia controfattuale? Ma c’è di più: proprio quando sembra rivestire i panni del teorico sottile e distaccato, Carrère ci trascina nel laboratorio da cui sono nati "I baffi" e "L’Avversario", dove vite parallele e alternative sgretolano quella fragile costruzione che è la nostra identità. E ci svela che, dalle più innocenti rêverie retrospettive fino alle devianze che sogniamo o paventiamo, l’ucronia è sempre dentro di noi.
14,00 13,30

Giulio Cesare

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 174
La storia è nota: Bruto amava Cesare, ma amava di più Roma. Dall’ombra di Plutarco ecco venire ancora una volta alla ribalta Giulio Cesare l’epilettico, leone cacciatore prima, cervo cacciato poi, «stella polare» in un corpo che da dittatore perpetuo si muterà presto in vittima sacrificale, nella congiura più celebre della storia antica. «C’è la guerra civile nel cielo» leggiamo nelle pagine iniziali di questa tragedia, uno dei testi più luminosi e meno frequentati del canone shakespeariano. Sulla terra sarà guerra fratricida: Bruto lo stoico, sdegnoso, inclemente, dalla parte della ragione ma in perenne «guerra con se stesso»; Cassio l’epicureo, magro, famelico, che «legge troppo»; Antonio, «bellimbusto dissoluto e nottambulo», espressione della Realpolitik – a cui si aggiungono frange schiumanti del popolo, con i suoi conati di democrazia selvaggia. Il lavoro in mano ai congiurati è «bruciante, sanguinoso, terribilissimo»: si credono guaritori, non sanno di essere macellai; per comune denominatore hanno la morte. Sorretto da «una lingua più forte di ogni musica», il Giulio Cesare mette a nudo l’essenza violenta del teatro. E il defunto sovrano, futuro dio, continuerà a ricevere la sua razione di ventitré pugnalate, nel suo eterno ritorno sulla scena. Con un saggio di W.H. Auden.
13,00 12,35

Le ballate di Narayama

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 115
Non ci sono che montagne a perdita d’occhio intorno al remoto villaggio dove la vecchia Orin vive con il figlio Tatsuhei e i quattro nipoti. Un villaggio primordiale, soggetto alla legge implacabile della sopravvivenza, e insieme immobilizzato nel tempo inafferrabile di favole e leggende, dove riecheggiano ballate dai versi poetici e crudeli. E quando in famiglia si aggiungono due bocche da sfamare – la nuova moglie di Tatsuhei e quella di Kesakichi, il più grande dei nipoti –, e si approssima il traguardo dei settant’anni, un solo, gioioso pensiero occupa la mente di Orin, da sempre abituata a pensare agli altri prima che a se stessa: prepararsi degnamente per il pellegrinaggio al Narayama, la lontana montagna dove abita un dio. Lì il figlio, dopo averla portata sulle spalle sino in cima, la abbandonerà al suo destino, come vogliono norme ancestrali, atroci ai nostri occhi eppure serenamente accettate. E mentre seguiremo la silenziosa ascesa di Orin e Tatsuhei, fra valli che paiono abissi senza fondo e vette dove i corvi volteggiano sul candore delle ossa, non potremo fare a meno di chiederci se questo romanzo aspro e lacerante, caduto come un meteorite nella letteratura giapponese degli anni Cinquanta, sia davvero il frutto dell’invenzione di un outsider – o non scaturisca piuttosto dagli strati più profondi del nostro inconscio.
12,00 11,40

Sette sere

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 189
Basta scorrere l’indice degli argomenti di questo ciclo di conferenze – la Divina Commedia, l’incubo, Le mille e una notte, il buddhismo, la poesia, la Cabbala, la cecità – per rendersi conto che in quelle sette sere del 1977 Borges volle offrire al pubblico un compendio dell’intera sua esperienza di lettore e di scrittore. Un lettore «edonista», che esorta ad affrontare la Commedia «con la fede di un bambino» e in generale a ignorare la storia della letteratura, perché solo i testi contano, e l’emozione estetica che sanno procurarci. E proprio per trasmettere questa gioiosa, leggera forma di edonismo, Borges, memore dei 'confabulatores nocturni' che si dice svagassero l’insonnia di Alessandro il Macedone, punteggia ogni conversazione di racconti: il dantesco «episodio di Ulisse», l’incubo di Wordsworth, la «storia dei due che sognarono» delle Mille e una notte, la leggenda del Buddha e quella del golem. Ma c’è di più: mentre discorre affabilmente dei libri che lo hanno appassionato, vediamo delinearsi le idee che questi hanno depositato nelle sue opere, tracciando un sentiero luminoso: l’idea che la realtà è un’illusione, un grande sogno che, se vogliamo, possiamo chiamare Dio; che anche il testo è «il mutevole fiume di Eraclito», giacché ogni lettura (o rilettura, o ricordo di quella lettura) lo rinnova; che inventare è ricordare, e la letteratura, di conseguenza, infinito reimpiego di materiali preesistenti. Il lettore e lo scrittore – ne abbiamo qui la conferma – nel caso di Borges coincidono miracolosamente.
14,00 13,30

Manifesto della melanconia

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 160
Dal momento in cui è apparsa nel 1514, la Melencolia I di Dürer è ascesa a icona di culto – un culto in cui ha giocato un ruolo essenziale la sua esasperante, quasi irriducibile condensazione simbolico-esoterica, oggetto di secolari speculazioni almeno fino a quando, nel 1923, Erwin Panofsky e Fritz Saxl ne hanno dato un’interpretazione in apparenza risolutiva. Meno noto ma altrettanto illuminante è il contributo di uno dei fisici più eterodossi del nostro tempo, David Finkelstein, il quale, prendendo le mosse dallo studio dei due grandi storici dell’arte, offre dell’incisione un’originale analisi che riconduce ogni elemento a specifici ambiti scientifici e ne sottolinea così un carattere radicalmente nuovo. Non solo. Se già per Panofsky e Saxl la Melencolia I non rappresentava più la semplice traduzione visiva di un’inclinazione umorale, Finkelstein compie un passaggio ulteriore: facendo coincidere la scoperta rinascimentale della prospettiva con quella generale sull’«aspetto prospettico» (ossia relativistico) della realtà, individua nella melanconia la disillusione dell’artista e dello scienziato che si sforzano invano di raggiungere «verità e bellezza assolute». Al cuore di questo libro, dunque, c’è una vera, profonda messa in discussione degli idoli della scienza. Uno snodo su cui il fisico torna in modo mirato anche nel secondo scritto qui proposto, una breve ma acutissima meditazione dove Einstein e la meccanica quantistica vengono rilette per approdare alle più ardite implicazioni conoscitive della scuola buddhista. Mostrando così come in fisica le «relazioni» tra gli oggetti contino più delle loro «proprietà»; e come non esistano teorie totalizzanti né, men che meno, conclusive. Con una Nota di Carlo Rovelli.
14,00 13,30

Praga, poesia che scompare

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 102
L’invasione russa della Cecoslovacchia nel 1968 non ha solo conculcato i diritti umani, la democrazia, la giustizia: ha ridotto a «un foglio di carta in fiamme / dove scompare la poesia» – scriveva Kundera nel 1980 citando l’amato Nezval – una «grande cultura». Una cultura unica, che la «capitale magica d’Europa» ha forgiato lungo i secoli, e che ha conosciuto l’apogeo con Kafka, Hašek e Janacek, artefici dei «tre pannelli del quadro dell’inferno futuro»: «labirinto burocratico», «idiozia militare», «disperazione concentrazionaria». Tracciare il ritratto di Praga significava allora, per Kundera, riportare alla luce un’Atlantide inabissata, salvare una visione del mondo renitente a «identificarsi con la Storia» e a «cogliere nei suoi spettacoli serietà e senso». Ma noi lettori non potremo fare a meno, oggi, di riconoscere in quel ritratto, attraversato da un fremito di commossa nostalgia, un autoritratto, che rivela, meglio di qualunque saggio critico, la genealogia segreta da cui scaturisce l’opera di Kundera. Dentro al suo laboratorio ci conduce anche Ottantanove parole, un dizionario personale nato nel 1985 dall’esigenza, per lui che ancora scriveva in ceco ma pensava ormai a come ogni frase sarebbe suonata in francese, di chiarire al nuovo pubblico le «parole chiave», le «parole trabocchetto», le «parole d’amore» attorno alle quali erano costruiti i suoi romanzi – e tuttora essenziale per chi li ami e voglia conoscerli meglio.
12,00 11,40

James Brown metteva i bigodini

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 102
Come i fan di Yasmina Reza ricorderanno senz’altro, nella variegata congerie di personaggi che animavano le pagine di "Felici i felici" spiccavano i coniugi Hutner: una coppia equilibrata, affiatatissima, alle prese con una tragedia dai risvolti farseschi – il ricovero in un istituto psichiatrico del figlio Jacob, fermamente convinto di essere Céline Dion. Se il romanzo ci lasciava con il dubbio di cosa ne fosse stato di loro, questa pièce «leggera e impalpabile come una meringa» (così l’ha definita un critico teatrale del « New York Times ») ce li fa ritrovare - affranti e smarriti, ma risoluti a fare buon viso a cattivo gioco - in visita alla clinica, immersa in un parco lussureggiante, dove Jacob / Céline trascorre quello che considera semplicemente un periodo di riposo in vista di una lunga tournée. Ad affiancarlo, Philippe, «un giovane studente che ha un problema con la sua identità nera» (in realtà è bianchissimo), e un’eccentrica psichiatra che sfreccia su e giù in monopattino, tiene conferenze volte a riabilitare le sorellastre di Cenerentola e tende ad assecondare - se non a incoraggiare - i deliri dei suoi pazienti. Se è vero, come ha scritto Michele Masneri, che Yasmina Reza è la «più perfida scrittrice europea», altrettanto innegabile è la sua costante, appassionata ricerca di quello che lei stessa definisce «il nocciolo duro, umano, riconoscibile da tutti, quello che resiste a tutte le differenze».
12,00 11,40

Parlo dunque sono. Istantanee sul linguaggio

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 174
Consapevole di quanto sia ardua ogni ricerca che si proponga di sviscerare la natura del linguaggio, Andrea Moro ha allestito un personale «album di foto» di pensatori occidentali che ne hanno indagato le mille sfaccettature – da Platone e Aristotele a Noam Chomsky, passando per Dante, Cartesio e Ferdinand de Saussure –, nel tentativo di comprendere con il loro aiuto quali siano le sue «proprietà specifiche» e per quale ragione le frasi stiano soltanto in noi, «come i teoremi e le sinfonie». Non solo. Se il linguaggio è espressione della nostra struttura biologica, dovremo allora capovolgere il prologo giovanneo e affermare che «la carne si è fatta logos». E ogni riflessione su di esso ci svelerà in definitiva qualcosa di più su di noi, perché «noi siamo parte del dato».
14,00 13,30

Memorie di un pazzo

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 103
«Confesso che da qualche tempo ho cominciato a vedere e sentire cose che nessuno ha mai visto o sentito». Così scrive nel suo diario il consigliere titolare Popriščin – funzionario di rango non elevato ma di grandi ambizioni, roso dal senso di inferiorità, dall’invidia verso più altolocati colleghi al servizio dello Stato –, che ritiene un privilegio l’incarico di temperare, una volta alla settimana, le penne d’oca di un superiore della cui figlia è segretamente innamorato. Nelle pagine che accolgono le sue frustrazioni e i suoi sogni di gloria si insinuano le sempre più assurde fantasie che lo abitano: mucche che comprano il tè, il carteggio tra due cagnoline dal quale apprende che la giovane amata andrà in sposa a un altro. Lo sdegno e un’impotente rabbia lo precipitano definitivamente nella follia («burocratica» questa, priva del demoniaco romanticismo che caratterizza l’insania del pittore nel Ritratto, un altro dei «racconti pietroburghesi» di Gogol’). Persa del tutto la ragione – ora si crede Ferdinando VIII, re di Spagna –, Popriščin viene rinchiuso in un manicomio, dove si occupa degli «affari di Stato» e si angoscia per la sorte della Luna. Dinanzi al suo delirio, alle grida strazianti per le «cure» brutali che gli vengono inflitte, anche a noi non resta che ripetere, come Popriščin: «Vabbè, vabbè, silenzio!». Un silenzio che verrà riempito dalla voce stridula e penetrante dell’Uomo del sottosuolo di Dostoevskij.
10,00 9,50

Sulla qualità. Scritti scelti e inediti

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 164
In "Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta", il protagonista-narratore si chiedeva: «qual è la differenza fra chi viaggia in motocicletta sapendo come la moto funziona e chi non lo sa?». E varrà la pena ricordare la sua risposta: «Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore». A quel pensiero sarebbero seguite altre domande e altre risposte, che avrebbero trasformato quella grande avventura on the road in un libro-simbolo, un «itinerario della mente» in cui si sarebbe riconosciuto, e ancora oggi si riconosce, un numero altissimo di lettori. Questa antologia, che per la prima volta raduna lettere, conferenze, saggi, aforismi, appunti personali, coprendo un arco temporale di quasi cinquant’anni, illustra con chiarezza e incisività il tema centrale dell’opera di Pirsig e l’evoluzione del suo pensiero, dai sommessi esordi sino alla formulazione di una vera e propria Metafisica della Qualità. Ma che cos’è la Qualità? Ognuno di noi sa che esiste, e istintivamente sappiamo riconoscerla, eppure non riusciamo a definirla. Questo perché, secondo Pirsig, la Qualità non è una «cosa» ma un «evento». Per avvicinarsi a comprendere di quale evento si tratti, non resta che leggere questo piccolo libro – taccuino privato di una vita trascorsa in un’incessante riflessione filosofica. Una lettura obbligata per chi ama Pirsig e la perfetta introduzione per chi ancora non lo conosce.
14,00 13,30

L'America in automobile

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2023
pagine: 185
Nell’ottobre del 1945 Georges Simenon sbarca a New York, ansioso di lasciarsi alle spalle le turbolenze degli anni di guerra, le accuse di collaborazionismo e le minacce di epurazione. Con la moglie Tigy e il figlio Marc si stabilisce in Canada, nel Nouveau-Brunswick – ma è agli Stati Uniti che guarda. E, per conoscere meglio il paese dove comincerà una nuova vita, parte al volante di una Chevrolet per un viaggio di cinquemila chilometri, che dal Maine lo porterà sino a Sarasota, sul Golfo del Messico. Ad attirarlo, come sempre, non sono le città – anche se confesserà che a New York si sente perfettamente a suo agio –, ma la gente e «i piccoli particolari della quotidianità»: tutto ciò che può offrire ai suoi lettori «un’immagine più intima» degli Stati Uniti. Lui che aveva sempre captato, ovunque nel mondo, un disperato e insoddisfatto bisogno di dignità, finirà per essere conquistato dalla «forte tensione verso l’allegria e la gioia di vivere» che sprigionano le semplici ed essenziali case americane, dalla cordialità (o meglio: la familiarità) che regola i rapporti di lavoro, dalla fiducia in sé stessi che le scuole sanno inculcare negli studenti, dalla squisita cortesia degli abitanti del Sud – che nelle relazioni mettono «quel qualcosa di impercettibile e affascinante» che rende tanto preziosa l’esistenza – e scoprirà che proprio qui, nella sua nuova patria, vige «un tipo di vita che... tiene conto più di qualsiasi altro della dignità dell’uomo». Traduzione di Federica Di Lella e Maria Laura Vanorio. Con una Nota di Ena Marchi.
16,00 15,20

L'eternità viene dagli astri. Ipotesi astronomica

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2023
pagine: 132
Nel 1871 Auguste Blanqui, «l’eterno cospiratore», sta scontando l’ennesima pena detentiva di una vita trascorsa per metà in carcere. Questa volta, per impedirgli qualsiasi contatto con la Comune che sta infiammando Parigi, lo hanno trasferito nel remoto Fort du Taureau, in Bretagna, dove è sottoposto a una reclusione tra le più dure, in totale isolamento. E tuttavia, pur in condizioni estreme, Blanqui riesce a scrivere e a far arrivare all’esterno, eludendo la censura, il testo di quello che sarà il suo primo libro, pubblicato l’anno successivo a Parigi. Ci si aspetterebbe, dall’ormai vecchio rivoluzionario, un pamphlet politico. E invece quello che Blanqui ha meticolosamente composto nella sua cella è un visionario trattato di «astronomia metafisica», uno scritto insieme scientifico, poetico e filosofico, che avanza un’ipotesi vertiginosa: «Ogni astro, qualunque esso sia, esiste dunque in numero infinito nel tempo e nello spazio, non soltanto sotto uno dei suoi aspetti, ma quale si trova in ognuno degli istanti della sua vita, dalla nascita sino alla morte. Tutti gli esseri distribuiti sulla sua superficie, grandi o piccoli, viventi o inanimati, condividono il privilegio di questa perennità». Ogni uomo, così, «possiede nello spazio un numero infinito di doppi che vivono una vita tale e quale la sua». Il lettore rimarrà sbalordito nel constatare, come già fecero Benjamin e Borges, che questo piccolo libro anticipava i concetti alla base dell’eterno ritorno di Nietzsche, ma in una dimensione, notava ancora Benjamin, di malinconia baudelairiana. Perché nel ‘multiverso’ di Blanqui – vicino a quello di certe attuali teorie cosmologiche – ogni prospettiva di «progresso» fatalmente si rivela illusoria. Con un saggio di Ottavio Fatica.
13,00 12,35

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