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Adelphi

Tutti i libri editi da Adelphi

La terza pallottola

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 286
Quando "La terza pallottola" apparve nel 1915, pochi conoscevano il nome del suo autore, un giovane matematico praghese cresciuto nel fervido clima letterario della Vienna di inizio Novecento. Il successo fu immediato, e non c’è dubbio che quel romanzo d’esordio mostrasse già lo stigma inconfondibile dell’arte del suspense di Perutz: l’insinuarsi, in una vigorosa narrazione storica, dell’elemento onirico-fantastico, che, simile a un perturbante soffio metafisico, arriva a pervaderla interamente, fino a sfociare in una visionarietà allucinata. Lo sfondo principale, estremo e feroce, è qui l’assedio spagnolo di Tenochtitlán, e protagonista è Franz Grumbach, wildgravio tedesco bandito da Carlo V per la sua fede luterana e rifugiatosi nel Nuovo Mondo, dove ora, obbediente ai suoi nobili ideali, combatte i conquistadores al fianco degli indios. Fra inganni, atti di brutale violenza, inquietanti fenomeni «naturali» (come l'edera che avanza rapidissima dalla selva e per tre giorni e tre notti avvolge l'accampamento spagnolo) e apparizioni diaboliche, assisteremo all’implacabile rivalità tra Grumbach e il sadico, seducente duca di Mendoza, figlio come lui del re Filippo di Spagna e amico fidato di Cortés. E seguendo le loro traversie rimarremo anche noi avvinti – come lo fu Borges, che venerava Perutz – da questa narrazione fragorosa, folta di immagini e colori, intarsiata di continue dissolvenze tra sonno e veglia, dove gli innumerevoli fili sembrano convergere su un archibugio che può sparare solo tre pallottole: tre pallottole maledette in cui sono iscritti il destino dell’Impero azteco e, insieme, quello tragico di Grumbach.
19,00 18,05

Ucronia

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 160
Nel romanzo di Sarban "Il richiamo del corno", un ufficiale della Marina britannica sperimenta l’incubo di risvegliarsi in un mondo nazificato, dove i prigionieri-schiavi sono selvaggina per la caccia di un feroce sovrano: un’allarmante rappresentazione della storia come avrebbe potuto svolgersi – o ucronia, come l’ha definita nel 1876 Charles Renouvier. Che nasca dal rimpianto o dalla ribellione, da un credo filosofico-religioso o dall’attrazione per gli infiniti possibili, ogni opera ucronica è destinata a falcidiare certezze, a dinamitare la nostra visione del mondo, giacché insinua il dubbio che la storia sia un gigantesco trompel'œil e che anche la più confortante realtà possa di colpo vacillare, spalancando abissi angosciosi. A questo sovversivo genere letterario, cui lo lega una tenace passione, Emmanuel Carrère ha dedicato una seducente riflessione che, oltre a ripercorrerne le tappe salienti, ne addita le sconcertanti implicazioni: i regimi totalitari non hanno del resto adottato la tecnica ucronica per imporre una storia controfattuale? Ma c’è di più: proprio quando sembra rivestire i panni del teorico sottile e distaccato, Carrère ci trascina nel laboratorio da cui sono nati "I baffi" e "L’Avversario", dove vite parallele e alternative sgretolano quella fragile costruzione che è la nostra identità. E ci svela che, dalle più innocenti rêverie retrospettive fino alle devianze che sogniamo o paventiamo, l’ucronia è sempre dentro di noi.
14,00 13,30

Il cuore selvaggio della natura. Dispacci dalle terre della meraviglia, del pericolo e della speranza

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 444
Nella «vita precedente» a quella che lo avrebbe eletto massima autorità sul Covid-19 – pandemia di cui sarebbe diventato l’involontario profeta – David Quammen è stato anche, se non soprattutto, un avventuriero audace e insieme scanzonato. E, in quella veste, autore di una serie di memorabili reportage per «National Geographic», che nell’arco di vent’anni lo hanno portato nei luoghi più riposti (e spesso meno affabili) del pianeta: dall’«abisso verde» di paludi del Congo alle giungle impenetrabili del Gabon, fino alla Patagonia e alla Kamčatka. Scritti con taglio e stile memori dell’amato modello faulkneriano, quei reportage sono vere immersioni visionarie, non di rado esilaranti, nella «natura selvaggia» e nella sua abbagliante – ma ogni giorno più precaria – esibizione di biodiversità. Alcune regioni di questo tour de force sono già familiari ai lettori di altri libri di Quammen, a cominciare da Spillover. Qui, però, l’esotismo allucinato e la fauna variegata di quei luoghi non sono inquadrati come «serbatoi di terrore» nella nostra problematica convivenza coi virus; piuttosto, come un labirinto di delicati ecosistemi, sempre più minacciati dall’invadenza antropica. Questo libro si presta dunque a essere letto in molti modi: come «una serie di dispacci da una battaglia all’ultimo sangue» – la battaglia per il futuro della diversità biologica sul nostro pianeta – travestita da romanzo di avventure, o viceversa. Ma anche come un invito a risintonizzare il nostro battito cardiaco con quello nascosto nelle vastità dimenticate della natura di cui siamo parte. Dopotutto, scrive Quammen, è ancora possibile, basta restare in ascolto.
25,00 23,75

Il mondo del Principe Splendente. Vita di corte nell'antico Giappone

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 410
Una vita fondata sullo stile e sulla bellezza, criteri ultimi e assoluti: così ci appare il mondo della corte Heian, che fiorì in Giappone intorno al decimo secolo dopo Cristo. Ignota all’Occidente e scarsamente nota persino in Cina, questa civiltà raggiunse una vertiginosa perfezione, di cui ci hanno lasciato dettagliata testimonianza soprattutto alcune donne dalla sensibilità sottilissima, come Murasaki e Sei Shōnagon. Emblema di quel mondo è il «Principe Splendente», figlio dell’Imperatore, protagonista della Storia di Genji, che rimane il vertice ineguagliato della letteratura giapponese. Quest’opera felicissima – a cui Ivan Morris dedicò gran parte della sua vita – non è soltanto un sostanzioso studio storico, ma un tentativo di ricomporre, in tutti i suoi aspetti, uno scenario remoto e fascinoso. E un invito a ritrovare in noi lo «spirito dell’aware», parola intraducibile che si riferisce alla «qualità emotiva insita negli oggetti, nella gente, nella natura o nell’arte». Su tale sfondo, incantevole e precario, è qui evocata la vita di un mondo che splende nella memoria «come luci di navi nel buio dell’oceano».
15,00 14,25

L'attesa

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 299
Isako ha un piano audace, meticoloso: sbarazzarsi nel giro di tre anni dell’anziano marito, Nobuhiro, che con le sue invenzioni ha fatto la fortuna della S. Optics, e impadronirsi di tutto ciò che possiede. Certo, può contare sul fatto che Nobuhiro è fragile di cuore, ma deve prima estorcergli un testamento che escluda le due figlie che lui ha avuto da un precedente matrimonio. Sesso e denaro: nient’altro conta per Isako. Seducente com’è, del resto, non ha problemi a manipolare gli uomini: dal marito, che la ama con senile devozione, al giovane che si porta a letto, il fascinoso Kanji, all’ex amante Shiotsuki – nipote di un alto papavero del Partito conservatore –, di cui sfrutta le influenti relazioni. Per Isako, in fondo, non sono che strumenti, sacrificabili. Difatti, quando Kanji viene accusato di aver picchiato a morte la donna con la quale viveva, pur di non essere coinvolta non esita a chiedere all’avvocato difensore – che lei stessa ha ingaggiato con l’aiuto di Shiotsuki – di farlo condannare. Anche l’avvocato, Saeki, non saprà d’altro canto resisterle a lungo. C’è però un nemico invisibile che nessuno può sgominare, il solo in grado di sventare le più gelide macchinazioni: il caso, di cui il finale svelerà la sbalorditiva incarnazione. Ritratto memorabile di una dark lady dalla sconfinata cupidigia, "L’attesa" è come sempre anche il ritratto di una società – quella del Giappone dei primi anni Settanta – asservita al profitto e affetta da una temibile astenia etica.
19,00 18,05

La calcolatrice meccanica

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 305
«Gli scrittori sono tutti morti e tutta la scrittura è postuma». Nessun altro, eccetto Burroughs, avrebbe osato proclamarlo, ed è soltanto una delle affermazioni paradossali e dissacranti che costellano i saggi qui raccolti, estratti dallo sciame meteorico che, durante una mitica stagione, investì le pagine delle riviste internazionali, letterarie e non. Burroughs porta il lettore oltre i cordoni della polizia militare fino al cancello di aree classificate «top secret», e gli fa intravedere cose insospettate, di bruciante attualità, quali il controllo della mente – con ogni mezzo legale o illegale – da parte di politici, scienziati, giornalisti, medici, santoni e altri spacciatori, la parola come virus, la scrittura come tecnica e magia, all’occorrenza nera. Con il suo humour vitreo composto in egual misura di lucidità e follia, rude buonsenso e visionarietà, e oltraggi a ripetizione, ci porge scampoli fulgenti di «atroce presunzione». Insegna la lettura creativa. Libera la mente dalla sudditanza e dall’assuefazione a ogni conformismo. Condisce invettive, dissezioni e profezie con raccontini ad hoc, sconci e spassosi. E intanto disegna una singolare, illuminante galleria di autori letti, incontrati, amati, detestati: da Kerouac a Beckett, da Graham Greene a Conrad, da Fitzgerald a Hemingway, da Maugham a Proust. Leggerlo è fare un corso accelerato di disintossicazione dall’acquiescenza agli zelanti manipolatori del potere. Burroughs ha scritto la sceneggiatura del film che chiamiamo realtà. Peccato sia la nostra. Introduzione di James Grauerholz.
24,00 22,80

Le lupe

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 179
Lione, 1941. Fuori, la guerra, l’occupazione, il coprifuoco, il razionamento. Dentro, nell’immenso appartamento borghese, buio, deserto e polveroso, come «perduto al fondo del tempo», due donne temibili e un uomo che pensava di usarle per i propri scopi – e invece somiglia sempre più a un condannato a vita. E dire che, quando si era presentato in casa della «madrina di guerra» del suo compagno di prigionia Bernard (morto durante la loro evasione dallo Stalag), Gervais era convinto di avercela fatta: si era spacciato per l’amico, la donna e la di lei sorella minore lo avevano accolto (almeno in apparenza) con assoluta fiducia, e lui si era lasciato avvolgere in un tiepido bozzolo di carezzevoli premure, riuscendo a sedurle entrambe senza troppa fatica. O forse erano state loro a sedurlo... e quel tiepido bozzolo non era che una ragnatela inestricabile... Quando ne arriverà una terza, di donna, la sorella di Bernard, il gioco si farà durissimo. Se non altro perché la posta è un’eredità di venti milioni di franchi. A poco a poco, tra ambiguità, sottintesi e secondi fini (tutti deliziosamente malvagi), assisteremo a una vertiginosa partita di scacchi, in cui da ogni frase e da ogni sorriso sembra nascere una minaccia, e ogni mossa può essere mortale. Dando prova, ancora una volta, di una prodigiosa abilità, la «coppia diabolica» del noir francese fa crescere la suspense fino all’ultimo, crudelissimo colpo di scena, e ci regala un romanzo claustrofobico che, a distanza di quasi settant’anni, non ha perso nulla del suo fascino sinistro.
18,00 17,10

Ossa nel deserto

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 426
«Qualche anno fa i miei amici che vivono in Messico, stanchi di sentirmi chiedere informazioni, e per di più sempre più dettagliate, sulle donne assassinate a Ciudad Juárez, decisero, a quanto pare di comune accordo, di incentrare e scaricare questo compito su Sergio González Rodríguez, che è uno scrittore, saggista e giornalista e chissà quante altre cose ancora, e che secondo loro era la persona più informata su questo caso, un caso unico negli annali del crimine latinoamericano: più di trecento donne violentate e assassinate in un arco di tempo estremamente breve, dal 1993 al 2002, in una città al confine con gli Stati Uniti di appena un milione di abitanti ... Ossa nel deserto non solo è una fotografia imperfetta, come non avrebbe potuto essere altrimenti, del male e della corruzione, ma diventa una metafora del Messico e del passato del Messico e del futuro incerto di tutta l’America latina. È un libro che non appartiene alla tradizione avventuriera ma alla tradizione apocalittica, che sono le uniche tradizioni rimaste vive nel nostro continente, forse perché sono le uniche in grado di avvicinarci all’abisso che ci circonda». (Roberto Bolaño)
14,00 13,30

Bébi, il primo amore

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 256
«A ben vedere, nella mia vita non è successo nulla» annota nel suo diario il protagonista, e narratore, di questo romanzo: un professore di latino poco più che cinquantenne, celibe, alieno da qualunque sentimento nei confronti dei propri simili, maniacalmente attaccato a una routine fatta di lezioni, passeggiate, serate al circolo, rare visite a una casa di tolleranza. Ma durante un soggiorno alle pendici dei monti Tátra qualcosa si incrina, nel suo corpo e nella sua mente: si accorge di essere triste, «costantemente in attesa di qualcosa», al punto da confidarsi, quasi contro la propria volontà, con uno sconosciuto per il quale sembrava provare solo ripugnanza. La crepa non farà che allargarsi quando gli verrà assegnata una classe dell’ultimo anno – e per di più una classe in cui sono presenti sei ragazze. Con raffinatissima, pressoché diabolica abilità Márai ci fa percepire, attraverso le parole stesse del professore, i cambiamenti che avvengono in lui allorché scopre che due dei suoi allievi stanno vivendo il primo amore – un primo amore che, sebbene sia incapace di ammetterlo, forse sta sperimentando anche lui. E quando lo vedremo comprarsi un abito nuovo, tagliarsi la barba, accettare perfino che il barbiere gli faccia dei massaggi per cancellare le rughe, sapremo che, come accade a von Aschenbach nella Morte a Venezia, il baratro che gli si è spalancato davanti non potrà che inghiottirlo. Appena ventottenne e al suo primo romanzo, Márai si rivela un acutissimo indagatore d’anime, e un magistrale narratore.
19,00 18,05

Santi e bevitori. Un viaggio alcolico in terre astemie

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 202
Per curare l’alcolismo c’è chi si fa ricoverare in una struttura specializzata, chi si affida a una terapia farmacologica, chi ancora pratica una ferrea astinenza. Lawrence Osborne ha una ricetta più originale: intraprendere un viaggio nel mondo islamico per studiare come vivono gli astemi e scoprire se da loro si può imparare qualcosa. L’esperienza sarà illuminante, temeraria e – per la gioia di noi lettori – sempre irresistibilmente spassosa. Accompagneremo Osborne a caccia di una birra a Surakarta, presidio indonesiano di al-Qaida, dove, sotto un ritratto di Osama bin Laden, un gruppo di studenti biancovestiti cercherà di convincerlo che l’alcol è «una malattia dell’anima». A Mascate lo seguiremo nell’affannosa ricerca di una bottiglia di champagne per brindare al nuovo anno, mentre la sua vita di coppia sperimenta impreviste dinamiche dettate dalla sobrietà forzata. E trepideremo per lui a Islamabad, quando si lancerà nella sconsiderata «avventura culturale» di ubriacarsi «in uno dei paesi più pericolosi e ostili all’alcol» della terra. Ma, davanti a un bicchiere, tutto il mondo è incline al paradosso: prova ne sono le cosiddette dry towns del New Jersey o certi sobborghi inglesi, dove fino a pochi decenni fa la «cultura suburbana dell’alcol» era l’antidoto alla «cultura urbana della droga». E al termine di questo rocambolesco tour ci apparirà lampante che lo scontro di civiltà tra Oriente e Occidente altro non è che il riflesso di due approcci diametralmente opposti alla vita – temperanza e sregolatezza, continenza e dissolutezza, con i loro paladini, astemi e bevitori, per sempre affiancati «in uno spirito di reciproca incomprensione».
19,00 18,05

Giulio Cesare

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 174
La storia è nota: Bruto amava Cesare, ma amava di più Roma. Dall’ombra di Plutarco ecco venire ancora una volta alla ribalta Giulio Cesare l’epilettico, leone cacciatore prima, cervo cacciato poi, «stella polare» in un corpo che da dittatore perpetuo si muterà presto in vittima sacrificale, nella congiura più celebre della storia antica. «C’è la guerra civile nel cielo» leggiamo nelle pagine iniziali di questa tragedia, uno dei testi più luminosi e meno frequentati del canone shakespeariano. Sulla terra sarà guerra fratricida: Bruto lo stoico, sdegnoso, inclemente, dalla parte della ragione ma in perenne «guerra con se stesso»; Cassio l’epicureo, magro, famelico, che «legge troppo»; Antonio, «bellimbusto dissoluto e nottambulo», espressione della Realpolitik – a cui si aggiungono frange schiumanti del popolo, con i suoi conati di democrazia selvaggia. Il lavoro in mano ai congiurati è «bruciante, sanguinoso, terribilissimo»: si credono guaritori, non sanno di essere macellai; per comune denominatore hanno la morte. Sorretto da «una lingua più forte di ogni musica», il Giulio Cesare mette a nudo l’essenza violenta del teatro. E il defunto sovrano, futuro dio, continuerà a ricevere la sua razione di ventitré pugnalate, nel suo eterno ritorno sulla scena. Con un saggio di W.H. Auden.
13,00 12,35

Io?

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2024
pagine: 143
Berlino, 1918. La guerra è appena finita, un uomo torna a casa e non è più lui. È convinto di aver rubato l'identità a un morto. Crede di vivere nel corpo di un altro; tutti lo riconoscono e pensano di sapere con chi parlano. Solo il vecchio cane gli abbaia contro e lo morde. Il cane sa che quello non è il suo padrone. Poi comincia a ricordare: Grete, la giovane donna dalla chioma tizianesca che ora vede alla finestra, è sua moglie; nella culla c'è il loro bambino; si rivolge a un'anziana signora chiamandola «mamma». Ma quei ricordi non hanno radici, sono cose che sa: «come un attore me ne sto su un palcoscenico, imparerò la mia parte, è già scritta fino in fondo, di certo già da prima, e io mi limito a recitarla». Solo l'amore incondizionato e la gelosia per Grete – quando riceve la visita di un uomo, Borges, un «amico» che l'ha corteggiata mentre lui era al fronte – risveglia un sentimento che potrebbe essere suo. Questo è quanto ci è dato sapere del protagonista prima che la storia inizi. Lo ritroveremo nell'aula di un tribunale, accusato di omicidio, mentre cerca di scagionarsi. Ma chi parla in queste pagine? Chi ha commesso il crimine? Il rispettabile chirurgo berlinese Hans Stern, o piuttosto Wilhelm Bettuch, l'umile fornaio che sembra averne assunto le sembianze? La risposta rimane racchiusa nel punto interrogativo del titolo e le ultime parole che l'imputato rivolge ai giudici non fanno che rendere ancora più impenetrabile l'enigma: «Ora chinatevi, spazzate via quel po' di terra. Ed ecco, troverete – me. Sì, ossa e teschio e polvere e il mio nome, che non è il mio nome eppure lo è, il mio destino, che non appartiene a me, ma a un altro, e ora mi è piombato addosso, soffocante come fosse il mio». Mimetizzato per quasi un secolo come un piccolo vortice scuro fra le correnti della prosa espressionista, questo romanzo di Peter Flamm torna ad agire su di noi come un sortilegio, la stenografia di un sisma psichico ancora lontano dall'essere decifrato. Con una Nota di Manfred Posani Löwenstein.
18,00 17,10

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