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Adelphi

Tutti i libri editi da Adelphi

Autobiografia di mia madre

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 186
Jamaica Kincaid appartiene alla schiera degli autori che, nati alla "periferia dell'impero" (nel suo caso ad Antigua nei Caraibi), hanno immesso nuova linfa nella letteratura di lingua inglese. Questa è una storia di solitudine e risentimento, di insofferenza per la "stanza nera del mondo", che assume il profilo di paesaggi lussureggianti. Le vicende di Xuela, figlia di una madre caraibica e di un padre per metà scozzese e per metà africano, abbandonata insieme a un mucchio di panni sporchi mentre la madre moriva di parto, aprono un variegato itinerario nell'infelicità dove le durezze del mondo si scontrano con un carattere torvo e visionario. E a ogni passo di questo itinerario la vita di Xuela si intreccia con quella della madre non conosciuta.
12,00 11,40

Verso Capo Horn

Libro: Libro rilegato
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 180
«Non ci troverete nulla. Non c’è nulla in Patagonia»: il giudizio, lapidario, è di Borges, e viene riportato da Paul Theroux in "Ritorno in Patagonia". Che le cose non stiano proprio così lo ha dimostrato Chatwin, offrendoci il ritratto vitale di una terra arida ma nient’affatto immobile, un luogo dove non è necessario mettersi alla ricerca di storie, perché sono le storie a venire da te. E lo conferma anche Stefano Faravelli, con questo carnet de voyage – «sintesi di visione e pensiero ... intrecciarsi di una partitura disegnata (o dipinta) con quella scritta» – dedicato alla sua esperienza a bordo dell’Adriatica, salpata dal porto di Ushuaia con l’intento di doppiare Capo Horn, ma sorpresa da una tempesta e costretta a trovare riparo sull’Isola Navarino, nel Canale Beagle. «Una disavventura, più che un’avventura», che però non gli ha impedito di seguire la sua personalissima «Via del Taccuino». Con il piglio curioso del viaggiatore esperto e l’attenzione maniacale ai particolari del naturalista, Faravelli riesce nell’impresa di racchiudere in poche pagine l’infinitamente piccolo e lo sterminato, il presente e il passato. Le venature sulla superficie di una conchiglia diventano così unità di misura e chiave di lettura dell’immensità dell’oceano, le rotte degli antichi navigatori si sovrappongono a quelle degli uccelli e dei delfini che seguono l’Adriatica, il disegno si fonde con le parole, le carte nautiche con i francobolli. Il risultato è una sorta di mappa mentale – qui fedelmente riprodotta –, come a suggerire che ci sono luoghi troppo estesi, e complessi, per essere rappresentati dalle mappe tradizionali.
40,00 38,00

Invettive musicali

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 429
"Invettive musicali" è l’irriverente campionario di «giudizi prevenuti, ingiusti, maleducati e singolarmente poco profetici» che critici autorevoli ma non sempre così illuminati hanno espresso nei confronti di grandi compositori, da Beethoven fino a Copland. Nessuno di loro è sfuggito al «rifiuto dell’insolito», o peggio, a quella cronica durezza d’orecchio che tanto spesso impedisce di riconoscere il bello in ciò che è radicalmente nuovo. Scopriamo per esempio, scorrendo le citazioni ritagliate dalle forbici erudite e affilate di Slonimsky, che la musica di Berlioz è simile «ai farfugliamenti di un grande babbuino», Un americano a Parigi «uno sproloquio ... volgare, prolisso e inutile», mentre i Cinque pezzi per orchestra di Webern sono da considerare «significativi e sintomatici quanto un mal di denti». A Brahms hanno dato dell’«epicureo sentimentale»,a Wagner dell’«eunuco demente», ad Alban Berg del «millantatore... pericoloso per la collettività»; Verdi è stato etichettato come un «signore italiano» autore di «tiritere per ottoni e piatti tintinnanti», Liszt come «uno snob uscito dal manicomio», Reger come «uno scarafaggio miope, gonfio... accovacciato su una panca d’organo». La condanna delle dissonanze è pressoché universale – a partire, nientemeno, da Chopin –, e ogni novità è immancabilmente bollata come cacofonica: quella di Bruckner è «polifonia impazzita», La mer di Debussy diventa perfidamente «Le mal de mer», e Rachmaninov viene liquidato con un perentorio «mai più!». L’irresistibile antologia di Slonimsky si legge, dunque, come un’ilare antistoria della musica, «arte in progress» per eccellenza, sempre proiettata oltre sé stessa, e oltre le regole e le comode certezze dei ‘benascoltanti’.
28,00 26,60

Portnoy

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 283
«Questo libro rischia di provocare un secondo Olocausto» scrisse all’uscita di Portnoy uno studioso generalmente posato come Gershom Scholem. La profezia fortunatamente non era fatta per avverarsi, ma è difficile negare che da allora il monologo di Alexander Portnoy abbia investito, e travolto, tutto quanto ha incontrato sul suo cammino. A cominciare dalle abitudini dei lettori, e dalla loro percezione di cosa possa, e soprattutto non possa, raccontare un libro. Poi, gran parte delle idee ricevute sui cosiddetti rapporti fra maschi e femmine, su noialtri quaggiù e le varie forme che diamo all’entità lassù. La vertigine comincia subito, quando chi legge pensa di affrontare il resoconto senza censure di una seduta analitica – cosa che, molto più di quanto si pensi, è vera – e si ritrova in mano un tipo diverso, e almeno altrettanto scabroso, di materiale: quello della standup più divertente e irrefrenabile mai messa sulla pagina; da cui si esce barcollando, e senza essere certi di volerne veramente uscire. Dopo molti anni, e infinite repliche, lo spettacolo aveva però bisogno di un nuovo allestimento, che qui presentiamo invitandovi alla prima. Prima di assumere la sua forma attuale, il materiale di Portnoy è stato varie altre cose – fra cui un commento parlato alle diapositive di zone erogene illustri, che Kenneth Tynan avrebbe voluto inserire nel suo celeberrimo e allora sacrilego musical Oh, Calcutta! Solo dopo lunghi ripensamenti il monologo ha finito per diventare, nel 1969, il quarto libro di Philip Roth (1933- 2018). Quello della sua consacrazione (o sconsacrazione): e anche quello da cui, inevitabilmente, Adelphi comincia la pubblicazione di tutte le sue opere.
20,00 19,00

La gatta

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 134
Sgomento di fronte alla prospettiva dell’imminente matrimonio che lo allontanerà per sempre da «una dolce, interminabile adolescenza», ci appare sulla soglia di questo libro il giovane Alain: «Ah, Saha, le nostre notti...» sospira, mentre la sua gatta, «azzurra come i sogni più belli», fa le fusa e gli si struscia addosso nel letto, prima di dargli «un bacio da gatto, poggiando il naso umido sotto il naso di lui, tra le narici e il labbro superiore». Per la fidanzata Camille, moderna, esuberante, avida di vita, Alain prova un disprezzo appena velato, e nel suo intimo non può non paragonare la sua irruenza un po’ volgare alla discreta, flessuosa eleganza di Saha. Ma soprattutto: se Camille gli spalanca le porte del mondo degli adulti, con responsabilità da assumere e decisioni da prendere, e gli offre un amore maturo, l’amore che comporta il rischio della perdita, Saha è per Alain l’amore incondizionato, esclusivo, paziente, eterno – e il giardino dorato dell’infanzia. Un triangolo, dunque: dove, nel rapporto di tacita, totale connivenza fra l’uomo e la gatta, l’intrusa è la donna – che finirà per compiere, nei confronti della rivale, un gesto dalle conseguenze forse fatali, macchiandosi in tal modo di una colpa irreparabile.
13,00 12,35

La mappa segreta. Testi ritrovati (1933-1983)

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 285
Immane Atlantide sommersa, le quasi duemila pagine dei Textos recobrados – recuperati e radunati dopo la scomparsa di Borges – rivelano le molteplici linee di forza di una riflessione critica di sconcertante novità. Rispetto ai fervori iconoclasti degli anni Venti (documentati in Il prisma e lo specchio, 2009), si colgono qui, già a partire dai primi anni Trenta, una tonalità e nuclei di pensiero e di interesse del tutto inediti: l’inconsistenza dell’io, giacché una persona «non è altro che ... la serie incoerente e discontinua dei suoi stati di coscienza» e «la sostanza di cui siamo fatti è il tempo o la fugacità»; la letteratura poliziesca, che riesce a conciliare «lo strano appetito d’avventura e lo strano appetito di legalità»; le immagini dell’incubo, «la tigre e l’angelo nero del nostro sonno», disseminate nella letteratura da Wordsworth a Kafka; il gaucho, «amato territorio del ricordo» e «materia di nostalgia»; il tramonto del concetto di testo definitivo, che «appartiene alla superstizione e alla stanchezza»; la rivelazione che Buenos Aires, un tempo oggetto di caparbie trasfigurazioni poetiche, può essere descritta solo «per allusioni e simboli». Ma quel che più affascina è la perfetta architettura di questi scritti, capaci, quale che sia l’argomento prescelto, di espandere il nostro orizzonte (talora con un semplice inciso: «Nel mondo immaginato da Walpole, come in quello degli gnostici siriani e in quello di Hollywood, c’è una guerra continua tra le forze del male e quelle del bene») e di ravvivare il dialogo fra due interlocutori che «lo scorrere del tempo avvicina e allontana, ma non separa»: il testo e il lettore.
22,00 20,90

La vita normale

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 190
«Per me il tribunale è un luogo di osservazione come un altro, come la strada, o la mia camera da letto» ha risposto Yasmina Reza quando le è stato chiesto perché, da quindici anni, segua processi, oscuri o clamorosi, in giro per la Francia. «Colui che crediamo altro da noi non lo è» afferma Reza, che, lasciando ai cronisti giudiziari il loro mestiere e alla giustizia di cercare (invano?) un senso nel caos, preferisce fare un passo di lato – e ogni volta spiazza il lettore. Senza curarsi di proclamare verità universali e concentrandosi invece su «frammenti di umanità» – un gesto, una frase, una postura, un dettaglio dell’abbigliamento –, Reza riesce a cogliere, nelle esistenze degli imputati, dei testimoni e delle vittime, qualcosa che non di rado alla giustizia sfugge, e che a quelle esistenze ci accomuna. È «la vita normale», che segue come un’ombra la sua controparte assassina, sovrapponendosi continuamente a essa. Come nel caso della donna che, un mattino di novembre, «incalzata, spinta da una forza senza nome», esce di casa per andare su una spiaggia ad abbandonare sua figlia alle onde, e poi torna a chiudersi nell’opacità della sua esistenza, «presente senza esserlo, come a strapiombo su sé stessa». A lei e ad altri fantasmi è dedicato questo libro. Fantasmi che irrompono sulla scena accanto a quelli dell’autrice, che ha la capacità, propria solo dei grandi scrittori, di insinuarsi nella psiche del lettore senza lasciargli il tempo di comprendere ciò che ha appena letto.
19,00 18,05

Albert Speer. La sua battaglia con la verità

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 1029
Seduta nelle tribune dell’aula di Norimberga dove era in corso il processo contro gli «uomini di Hitler», Gitta Sereny era rimasta colpita dalla compostezza esemplare di uno degli imputati. Di quell’uomo che «ascoltava immobile e attento con il volto impassibile, a eccezione degli occhi scuri e intelligenti», sapeva solo che era Albert Speer, l’architetto e poi ministro degli Armamenti del Reich, nonché membro della cerchia più stretta del Führer. Trent’anni più tardi, dopo aver letto "In quelle tenebre" – il libro-intervista che Sereny aveva dedicato al caso del comandante di Treblinka Franz Stangl –, Speer decise di contattare l’autrice e di invitarla nella sua casa a Heidelberg per ripercorrere con lei la sua storia. All’epoca, lui aveva scontato una lunga detenzione nel carcere di Spandau, dove aveva scritto clandestinamente circa milleduecento pagine di riflessioni e memorie e aveva avviato, sotto la guida di un pastore calvinista ed ex membro della resistenza francese, l’ostinato e quasi maniacale tentativo di fare i conti con il proprio passato che lo avrebbe impegnato fino alla morte. Lei veniva da anni di indagini sugli orrori della Germania nazista e, incontrandolo di persona, percepì subito un’incongruenza tra il tono altezzoso, «autoritario e arrogante» dei mea culpa che fluivano «troppo prontamente» dalle labbra dello Speer pubblico, e quell’uomo timido, dotato di humour e fascino, abitato da una profonda tristezza, che le parlava «con una strana inflessione interrogativa nella voce». Catturata da un’ambivalenza tanto sconcertante, Sereny si prefisse lo scopo di «comprendere Albert Speer», costruendo questa memorabile inchiesta basata sulle lunghe conversazioni che per molti anni intrattenne con lui, e spingendosi tanto a fondo nell’interrogazione del suo conflitto interiore da determinare una vicinanza che le costò numerose critiche – fu lei stessa una volta a definirlo senza difficoltà «un uomo superiore», e si dovrebbe riflettere sul peso di questa affermazione, e su chi la pronuncia. Affiora così il ritratto – in cui pure restano zone d’ombra, e non potrebbe essere altrimenti – di un uomo che, dopo aver smesso i panni di ministro del Reich, non ha potuto far altro che tentare di elaborare, per il resto della vita, la sequenza fattuale ed emotiva della propria soggezione al carisma di Adolf Hitler.
39,00 37,05

Giardino, cenere

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 193
Profumo di vaniglia e semi di papavero, un vassoio nichelato con sottili mezzelune lasciate dal fondo dei bicchieri, piccoli tram azzurri, gialli e verdi che si rincorrono tintinnando, il cancello di un parco dietro il quale spuntano cervi e cerve, «come ragazzini di buona famiglia di ritorno dalla lezione di piano». All’inizio di questo romanzo c’è un pullulare di sensazioni, una nube tattile, olfattiva, onirica, che si sposta in una cauta esplorazione del mondo, come l’occhio del bambino Andreas, il narratore. La parola «morte» trafigge questa nube, è un numero fatale stampato sul buio. E il bambino gioca con il sonno, gli tende agguati, in preparazione alla grande lotta con la morte. Aveva deciso di «assistere un giorno consapevolmente alla venuta della morte e così vincerla», e nell’attesa voleva sorprendere l’angelo del sonno. Intorno ad Andreas, vediamo la sorella Anna, che piange la sera perché il giorno è finito e non torna più; e la madre Marija, seduta davanti a una imponente macchina da cucire Singer di ghisa nera. E soprattutto vediamo, seppure soltanto in apparizioni imprevedibili e balzane, il padre Eduard Sam, ispettore delle ferrovie a riposo, ma in realtà trickster decaduto, che non dispone più di molti poteri, eppure è ancora aureolato di eventi prodigiosi e irrisori. Autore di un Orario delle comunicazioni tranviarie, navali, ferroviarie e aeree che, arricchendosi di edizione in edizione, si trasforma in opera interminabile, come una mappa che volesse coincidere con il territorio rappresentato, Eduard usa mostrarsi con bombetta e redingote imbrattata, e sfida l’iniquità del mondo dietro occhiali con montatura metallica, stringendo in pugno un bastone. Compreso della sua vocazione di mistificatore, non è mai se stesso, ma il nebbioso ricordo di qualcos’altro, e il giovane Andreas, fantasticatore selvaggio, percepisce in lui la compresenza di molte vite: «Ed eccolo, mio padre, seduto nel carro accanto a una giovane zingara dalle poppe rigonfie, maestoso come il principe di Galles o, se volete, come un croupier o come un maître d’hôtel (come un illusionista, come un impresario di circo, come un domatore di leoni, come una spia, come un antropologo, come un maggiordomo, come un contrabbandiere, come un missionario quacchero, come un sovrano che viaggi in incognito, come un ispettore scolastico, come un medico di campagna e, infine, come un commesso viaggiatore, rappresentante di una compagnia occidentale per la vendita dei rasoi di sicurezza)». Un giorno, in un raro momento di sobrietà, Eduard accenna al figlio il suo segreto: «Non è possibile, giovanotto mio, e questo ricordatelo per sempre, non è possibile recitare la parte della vittima per tutta la vita senza diventarlo alla fine davvero». La storia si incaricherà presto di avverare la profezia. In una continua osmosi di sensazione e visione, questo romanzo raggiunge una precisione evocativa che penetra nelle fibre della mente, in un modo che ricorda Bruno Schulz. Qui, come una splendida carovana di stracci e paccottiglia, ci sfila davanti il mondo saturo di esperienze dell’Europa centrale mentre sta per abbandonarsi alla morte, visto con gli occhi del bambino sognatore e ribelle che alla morte voleva dare scacco.
12,00 11,40

Goodbye Hotel

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 156
C’è un posto, a New York, che chiamano Goodbye Hotel, perché è l’ultimo rifugio di chi, per ragioni diverse, si è allontanato dal mondo e nel mondo non vuole (o non può) più tornare. Lì, mentre una nevicata «ipnotica» cade sulla città, François siede davanti al fuoco, stappa una bottiglia di vino da quattro soldi e inizia a scrivere la sua storia. Vuole metterci a parte di un avvenimento capitato venticinque anni prima, ma soprattutto raccontarci quello che sarebbe potuto succedere e – forse – è successo davvero. Ha a disposizione solo «un pezzetto di verità», che certo non basta a colmare tutti i vuoti. La sua voce, carica di un’antica sofferenza, ci trasporta ancora una volta a Harmony, un’anonima cittadina del Sud degli Stati Uniti, dove ogni sera «si confonde con un milione di altre sere» e i giovani sono «destinati a perdersi» ma non smettono di desiderare «l’impossibile». Dove «non c’è differenza fra chi è amato e chi non lo è», perché «tutti si sentono soli, con addosso la maledizione di un vuoto americano che gli cresce dentro». Eppure, come sanno i lettori di L’ultima cosa bella sulla faccia della terra, Harmony è anche un crocevia dove il destino dà appuntamento alle sue vittime ignare: in questo caso due ragazzi innamorati e un misterioso uomo con un completo di seersucker, che in una notte di fine estate si incontrano sotto lo sguardo benevolo e saggio di Lazarus, una tartaruga dai poteri chiaroveggenti, indimenticabile protagonista del romanzo. Perché nell’universo di Michael Bible il passato può facilmente diventare futuro e viceversa; come in un sogno di David Lynch, a una dimensione della realtà ne corrispondono infinite altre, parallele e comunicanti. Non ci resta quindi che abbandonarci al ruolo di testimoni involontari e accettare che la verità a volte risulti inaccessibile, protetta da un guscio di bugie e inganni simile a quello di una testuggine centenaria.
18,00 17,10

Chitty Chitty Bang Bang

Libro: Libro rilegato
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 158
Chitty Chitty Bang Bang – la Paragon Panther rimessa a nuovo dall’eccentrico comandante Caractacus Pott – non è una macchina da corsa come le altre. Strettamente imparentata con gli aiutanti magici delle fiabe, sarà lei a guidare i coniugi Pott e i loro figli, i gemelli Jeremy e Jemima, in una vorticosa sequenza di avventure per terra, per cielo e per mare. E c’è un solo modo per scoprire cosa fa di Chitty Chitty Bang Bang un’auto prodigiosa: salire a bordo con i Pott e godersi questa mirabolante storia nata dalla penna del creatore di James Bond. Età di lettura: da 8 anni.
18,00 17,10

L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano

Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2025
pagine: 404
«Antonio Damasio è un pensatore profondo e uno scrittore raffinato ... "L’errore di Cartesio" è un’esplorazione affascinante della biologia della ragione e del suo legame inscindibile con le emozioni». (Oliver Sacks)
15,00 14,25

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