Clementina è una donna brutta, una «che affatica chi la guarda»; quando il marito Ugo la lascia per andare a vivere con Rita, vedova con due figli piccoli, Clementina offre agli amanti la propria casa, purché le consentano di prendersi cura dei bambini. Inizia così Tempo innamorato, il romanzo d’esordio di Gianna Manzini, una favola cupa dalla trama dolorosa. Pubblicato nel 1928 (poi ampiamente rivisto nel 1943), è uno dei libri più importanti e discussi di quegli anni, che a pieno titolo si inserisce nel contesto della narrativa modernista per l’anticonvenzionale io narrante, per lo scombinamento dei piani narrativi, per il dominio di una dimensione interiore del tempo e per l’ambivalenza e la complessità dei due personaggi femminili principali – Clementina, votata al sacrificio, e Rita, pervasa da un inestinguibile istinto vitale – che mai scadono nello stereotipo. A confermare la statura europea dell’autrice e il suo lungo meditare sui temi della temporalità, il saggio La lezione della Woolf riportato in appendice.