L'Islam ci appartiene. Ha le nostre stesse profonde radici: la cultura ellenistico-mediterranea e il monoteismo abramitico; i suoi profeti sono i medesimi dell'ebraismo e del cristianesimo. La sua scienza e la sua filosofia, certo originali, restano impensabili senza le nostre. L'Islam è l'Occidente dell'Oriente. I fondamenti della sua cultura, radicati in quella ellenistica passata a Roma e a Bisanzio, sono arrivati alla nostra esattamente come le merci provenienti dall'Asia profonda giungevano in Europa. All'Islam, attraverso l'Asia Minore, il Delta Nilotico, l'Africa sahariana, il Maghreb e la penisola iberica, dobbiamo i fondamenti della nostra matematica, della nostra logica, della nostra astronomia, della nostra cartografia, della nostra geografia, della nostra fisica, della nostra medicina. Le nostre università medievali sono nate nell'XI-XII secolo come "studia" monastici e diocesani vivificati dall'esempio che proveniva loro dalle città musulmane, in molte delle quali esisteva una "bait al-Hikmah" dove s'imparava a pagamento: l'innovazione delle "universitates" medievali, corporazioni professionali dove la scienza si trasmette come una merce. Dante ci rammenta che Avicenna e Averroè sono padri del nostro sapere al pari di Platone e di Aristotele, d'Ippocrate e di Galeno; il Saladino è il nostro grande eroe cavalleresco. E non ci sono guerre, non ci sono atrocità, non ci sono fanatismi che tengano. La violenza e le infamie passano: ma le civiltà, i saperi, le scienze, le culture, rimangono. Come l'arcobaleno sulla cascata. Gloria all'Islam.