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Mondadori: Lo specchio

Tutte le nostre collane

E intanto la vita? Poesie per Lei, Dottore (1984-2025)

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2025
pagine: 152
"Diviso in quattro stanze, più una camera degli inediti, questo libro è un’opera in versi sul transfert. Da tenere nella biblioteca di una scuola di specializzazione in psicoterapia. Brevi lezioni di psicoanalisi, ossessioni di una paziente che sogna poesie. Brevi testi che con il loro ritmo, alimentato dalle rime, attivano i nostri neuroni. Pagine che riflettono un percorso di analisi junghiana. Ringraziato più volte dall’autrice, venerato e domestico, Jung si diffonde per tutto il testo. Vivian Lamarque, d’altronde, sarebbe piaciuta allo psicologo svizzero, cultore del Rosarium Philosophorum. Anche lei, infatti, racconta una fiaba sul transfert. Anzi, una fiaba-trattato intessuta di poesie che dedica al suo analista B.M. Nel personalissimo Rosarium di Vivian, il re e la regina degli alchimisti diventano il signore e la signora: lei è imprevedibile nelle sue invenzioni e lui di volta in volta è il signore gentile, il signore mai, il signore intoccabile, il signore loden, il signore usignolo, il signore neve, il signore rapito, il signore d’oro. In questi frammenti di transfert, tuttavia, anche la paziente di volta in volta è la signora dei baci, la signora mezzasera, spostatrice di montagne, la signora dell’ultima volta. Signora d’oro perché è stata una paziente paziente, ma anche perché non ha mai tradito la poesia. Prima durante e dopo. Dimostrando che la psicoanalisi non porta via, insieme ai demoni, anche gli angeli, come temeva Rilke. Ma soprattutto che i demoni e gli angeli, nella poesia, spesso si confondono. Per anni Vivian scrive fogli su fogli e li dedica tutti al suo analista. «Quanto ha dovuto lavorare il mio Dottore», dice. Ne sono sicuro, ma so quanto ha lavorato lei per riconoscere e mettere in versi i grandi temi di un’analisi (e di una vita): accoglienza, frustrazione, confini, cocciutaggine, gelosia, premura, prepotenza, sincerità. Una signora che nell’arco di quarant’anni ha avuto tutte le età, è stata timida e indomita, «giovane e vecchina», capace di coprire l’analisi dei traumi con la polvere d’oro della poesia. In dono ci lascia la pietra filosofale della sua scrittura di puntigliosa puella. Come diceva Giovanni Raboni, la sua semplicità è quasi feroce. Jung sosteneva che il mistero dell’analisi è racchiuso nella coppia paziente-terapeuta e non può essere tradito dalle parole o esaurito dalle argomentazioni. Ma può essere affidato alla poesia. Di Vivian Lamarque." (Vittorio Lingiardi)
18,00 17,10

Ceneri germogli ceneri

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2025
pagine: 248
Figura tra le più nobilmente appartate e apprezzate della nostra poesia dal secondo Novecento a oggi, Eugenio De Signoribus in questo volume ripercorre, riorganizza e propone, con inserimento di inediti e un’attenta revisione, il suo lavoro poetico di circa mezzo secolo. In "Ceneri germogli ceneri", introdotto da Stefano Verdino, realizza una nuova architettura della sua opera, giostrando tra vocazione lirica e spunti di narrazione poetica. In questo felicemente rinnovato cammino della sua poesia si riafferma la musica della sua scrittura insieme ai percorsi del pensiero, connesso al reale concreto del vissuto, nella meditazione sul corpo e sulle cose, nell’insieme articolato della complessità dell’esistenza. La sottile ricchezza delle soluzioni tematiche proposte mette in risalto figure, veri e propri personaggi immersi in situazioni vive (per esempio lo scrivano o il bibliotecario), tracce della memoria come del reale quotidiano, in cui De Signoribus, lo ha scritto Antonio Prete, mostra la capacità naturale di far passare «nella vita della lingua le lacerazioni e le opacità e i bagliori dell’esistenza». Tra intensità dell’emozione e ombre di malinconico turbamento, con momenti tra visione e allegoria, la scrittura di questi versi ha il pregio di una impeccabile eleganza nella parola – in contrasto anche polemico con la piatta gergalità oggi tanto diffusa – in un frequente impasto, suggestivo quanto sapiente, di colto e popolare, di dialetto e arcaismi, di latino e neologismi. Dalla dimensione domestica all’attenzione risentita per le gravi vicende storiche dei tempi, nell’indagine sulla condizione umana, con riferimenti anche alla figuralità della via crucis, De Signoribus realizza, per fasi diverse ma connesse in una dimensione organica, una sorta di costruzione poematica di netta originalità nell’attuale panorama letterario.
18,00 17,10

I sonetti a Orfeo

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2025
pagine: 152
Il vivo elevarsi di un delicatissimo canto assorbe in sé ed esprime, in questi versi, spunti innumerevoli di meditazione. Ultima raccolta organica di Rilke, i 55 Sonetti a Orfeo furono scritti nel 1922 per la morte della giovane figlia di una sua cara amica. Inestricabilmente legati alle Elegie duinesi, sia per la data di composizione sia per la loro affinità/opposizione tematica, usciranno come queste ultime nel 1923. Essi si offrono alla lettura con singolare orientamento, vale a dire secondo le aperture di un pensiero sempre attivo di fronte all'emergere del dolore e alla presenza della morte. Ma tutto questo nel costante movimento in una realtà molteplice e complessa in cui «l'essere ancora ci incanta. In cento sorgenti / è ancora l'inizio». La presenza di Orfeo è tutt'uno col canto e il poeta lo segue «nel suo continuo / mutarsi in altro». Rilke opera, nella sua impeccabile lievità di pronuncia, con magistrale flessibilità nell'adeguare la sua musica ai diversissimi toni del migrare di Orfeo, e si muove all'interno di una classica forma letteraria, appunto il sonetto, nella quale introduce, con sapienza, elementi metrici innovativi. Restituire quella flessibilità è l'impegno della traduzione di un poeta d'oggi, Riccardo Held, che permette al lettore di connettersi con efficacia ai percorsi espressivi di Rilke nella nostra lingua. La sequenza dei testi ci fa anche attraversare una dimensione dell'umana esistenza, che si presenta con ricordi, figure, immagini spesso colte nella loro concretezza. Eccoci proiettati, con naturalezza, dal registro basso al sublime, tra senso dell'umana provvisorietà e presenza del mito e del divino, dall'«ordine opaco della natura» a ciò che la oltrepassa verso l'idea di nuove sorgenti.
18,00 17,10

Poesie dell'inizio 1967-1973

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2025
pagine: 128
Possiamo felicemente confrontarci con la nascita di un poeta, in queste pagine che documentano i primissimi passi di una figura chiave della nostra poesia di oggi. Scritti tra il 1967 e il 1973, sono qui raccolti cinquantuno testi di un Milo De Angelis giovanissimo ma già ben riconoscibile in alcuni tratti della sua inconfondibile fisionomia espressiva. Tra la concretezza del quotidiano, e dunque dei luoghi e delle varie figure umane che vi appaiono, si insinua persistente il senso del dolore, «in uno scenario tormentato di attesa e di rischio», come scrive Luigi Tassoni. Agisce, verso dopo verso, quella acuta tensione verticale tipica di De Angelis evidente qui in ogni dettaglio. Una tensione dunque già vocazionalmente attiva fin dalle origini della sua scrittura, sempre mossa dai sussulti di inquiete vibrazioni interne. Ci troviamo poi di fronte anche a innumerevoli sprazzi narrativi, condotti attraverso la sensibilissima attenzione a frammenti colti tra realtà e visionarietà, e dunque a «privatissime storie» in cui si manifesta, spesso magari nell'apparire del gesto atletico o in un affiorare della sessualità, una «voglia tremenda di esserci», ma accanto a persistenti presagi di morte, nell'impulso che conduce il giovane poeta a «trasformare ogni istante in coscienza...». I percorsi di queste pagine sono in genere vissuti all'interno di una dimensione esistenziale in cui già si manifestano elementi che caratterizzeranno le successive opere maggiori, in poesie che «tengono aperta la ferita dell'origine», come scrive Angelo Lumelli, l'amichevole custode di queste carte. Straordinaria, sorprendente, è quella risorsa, tipica di De Angelis, fin da giovanissimo, di passare dall'orizzontalità della comune esperienza alla verticalità più vertiginosa, ma spesso con il conforto, per il lettore, anche di efficaci, fluide aperture discorsive, nell'osservazione dei «movimenti sicuri di sagome terrestri / nate e vissute in armonia con la terra». L'imprevisto capitolo aurorale dell'opera di un protagonista della nostra scena letteraria ci aiuta a penetrare ulteriormente nei molteplici rivoli emozionanti della sua vicenda umana e poetica.
17,00 16,15

Staminali eterne

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2024
pagine: 176
Ecco un libro che ci arriva come una autentica, sorprendente novità a dieci anni dalla morte dell'autore. Poeta di inconfondibile fisionomia, in cui la complessità del pensiero si esprime nel segno di un costante rapporto tra reale dell'esperienza e senso attivo della natura, Pier Luigi Bacchini ha proseguito con incessante energia intellettuale la sua ricerca anche negli ultimi anni di vita. Il frutto ce lo rivela oggi l'attenta, puntuale devozione del figlio Camillo, che ha curato Staminali eterne, raccolta quanto mai variegata e ricca che, come argomenta Alberto Bertoni nel saggio introduttivo, si pone ai maggiori livelli dell'opera di Bacchini. Eccoci allora a vivo contatto con una narrazione lirica sempre aperta, tra memoria e storia, fino al tempo della guerra, con la presenza di innumerevoli figure minimali che si incidono nella pagina e diventano veri e propri personaggi. Ne nasce uno stillicidio multiforme di situazioni concrete in inquieti paesaggi: tra campagna agricola, torrenti, fiumi, mari, città. In questo libro postumo si respira a volte un'atmosfera di «composta disperazione», con presagi di fine nella vecchiaia di chi continua a osservare, sensibilissimo e reattivo, il mondo. Fedele alla sua ispirazione di autore immerso nell'universo naturale, Bacchini si conferma qui magicamente in sintonia con la dimensione animale e vegetale, oltre che in ascolto del «suono» che viene dal suo stesso corpo. A tutto questo si aggiunge un approdo religioso, cristologico, tra «anatomia vegetale» e riflessione sulla «fatica di Dio», in una indagine sulla bellezza, che si manifesta paradossalmente a volte in «un contrasto spettacolare di mostruose stranezze». Il tutto realizzato nei termini di una geniale libertà stilistica e, come scrive sempre Bertoni, in una «scrittura musicale alla Debussy, un po' come nel proto Montale degli Accordi». Staminali eterne è dunque, al tempo stesso, l'alta conferma e un formidabile nuovo capitolo di una delle vicende poetiche di più singolare vitalità, tra sostanza di pensiero e libertà nella forma, della nostra poesia negli ultimi decenni.
18,00 17,10

Poeti iraniani. Dal 1921 a oggi. Testo originale a fronte

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2024
pagine: 444
Paese delle cupole celesti, di profeti e sfarzosi sovrani, di deserti e di lussureggianti giardini, terra di santi, carovanieri e astronomi, l'Iran è noto in Occidente o per il suo passato leggendario oppure per il suo drammatico presente. Echi di un mondo fiabesco da Mille e una notte si sono mescolati, nell'immaginario collettivo, con scene tratte dai reportage di viaggi esotici facendo - di quella iraniana - una cultura tanto idealizzata quanto, nel profondo, poco conosciuta. Tutti da scoprire, per i lettori italiani, sono sia lo speciale rapporto che lega gli iraniani alla poesia (la poesia tout court ma anche la tradizione classica di Firdusi, Hafez, Sa'di, Rumi, Khayyam, 'Attar, per fare solo qualche nome) sia il fondamentale contributo che l'Iran ha dato alla lirica del Novecento - in termini ora di opposizione ora di testimonianza dei profondi mutamenti politico-culturali che hanno segnato la storia del Paese. Sono trascorsi poco più di cento anni dalla nascita della Poesia nuova, il movimento poetico che nel 1921 portò la letteratura dell'Iran ad aprirsi al mondo entrando nella modernità. Un secolo che questa antologia documenta allineando i dodici poeti più rappresentativi, con i loro volti, le biografie, i versi. Dal fondatore della Poesia nuova, Nima Yushij, alla voce sperimentale e innovativa del poeta-profeta Ahmad Shamlu, il cui grido contro la corruzione e la censura ha scosso le coscienze; da Ziya' Movahhed, con la sua scrittura minimale, limpida ed euritmica, a Garous Abdolmalekian, interprete di una vibrante poesia civile. Da Shafiei Kadkani, grande esperto di retorica classica che, sulla scia di Akhavan Sales e Sohrab Sepehri, fonde la tradizione letteraria con le più amare riflessioni contemporanee, a Seyyed 'Ali Salehi, fautore della Poesia parlata. Imprescindibile presenza è quella della libera e personalissima testimonianza di Forugh Farrokhzad, la cui poetica intimista e spregiudicata dà voce alle emozioni e alla determinazione di una giovane donna in cerca di libertà espressiva; e poi, ancora, si va dal poliedrico cineasta Abbas Kiarostami, all'art pour l'art di Bijan Jalali e Yadollah Royai che, distaccandosi dall'impegno civile, si concentrano sulla resa estetica e filosofica del testo attraverso lo sperimentalismo. Una galleria di figure poetiche diversissime tra loro, per intonazione e generazione, qui convocate a rappresentare la voce di un intero popolo. Lo scrive Kiarostami: «Dalla feroce sorte / il rifugio è poesia / dalla crudele amata / il rifugio è poesia / dalla palese tirannia / il rifugio è poesia».
24,00 22,80

Poesie 1904-1914

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2024
pagine: 392
Nel puntiglioso e complesso lavoro di ripresa e allestimento della propria opera, il capitolo delle poesie giovanili di Aldo Palazzeschi conosce alcune tappe essenziali: la più importante e definitiva è quella del 1958, quando appare l'edizione che rappresenta il frutto maturo e compiuto di una sistematica riorganizzazione di tutta la prima, decisiva fase della sua opera, sotto la «lente» ironica del «saltimbanco». Simone Magherini, nella Post- fazione, ce ne racconta con precisione l'intera vicenda. Palazzeschi aveva pubblicato, nella giovinezza, alcune raccolte che già, e in modi diversi, ne avevano espresso la ricca e quanto mai singolare e vivace personalità, e dunque I cavalli bianchi (1905), Lanterna (1907), Poemi (1909), aderendo poi al futurismo, come attestato da L'Incendiario (1910 e 1913), e dedicandosi anche alla narrativa con Il Codice di Perelà (1911). Nel riprendere e riorganizzare i propri versi, il poeta in varie fasi introduce nuovi testi e apporta correzioni, pur senza alterare in modo sensibile la fisionomia e la natura della sua opera giovanile, nella quale, come sottolinea Magherini, una componente «incendiaria» (futurista) vive accanto a una «sentimentale» (crepuscolare). E si tratta di una giovinezza letteraria che ha assunto un importante valore storico, come lo stesso autore ebbe modo di dichiarare: «La mia giovinezza era già finita, quando venne la guerra del '15. Sono stato veramente giovane dal 1904, dal tempo delle mie prime poesie, fino al 1914. Una giovinezza piena, ardente, matura. Non ebbi giovinezza prima del 1904, non l'ho più avuta dopo». Una giovinezza di sbrigliata avanguardia, di personale sperimentazione, secondo una linea che Edoardo Sanguineti colloca «tra liberty e crepuscolarismo», in netta, esplicita contrapposizione rispetto al linguaggio e agli accenti della tradizione lirica, con l'abbassamento dei toni e dei registri linguistici, con l'uso dell'ironia e del grottesco e, in rapporto al futurismo, assumendone solo in parte i dettami; in sintesi, come ha scritto Pier Vincenzo Mengaldo, realizzando in modo inconfondibile e ancora oggi, per noi, coinvolgente «un'integrale teatralizzazione» del discorso lirico.
19,00 18,05

La scatola onirica

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2024
pagine: 152
Va verso nuovi territori l'opera di Maurizio Cucchi, che in questa "Scatola onirica", oltre a indagare un nuovo spazio topografico - Casa Cucchi, località in provincia di Pavia -, declina la ricerca identitaria lungo un più temerario viaggio, verso una lingua primigenia, fino al «primitivo mugugno» dell'«homo ergaster». Diviso in sette sezioni, "La scatola onirica" si apre sulle connessioni frammentarie di un antico Quartiere di lignaggio, sede di genti ancora estranee all'«homo oeconomicus», realtà in cui la tensione etica si esprime sempre attraverso una «geografia del minimo». Ma Casa Cucchi non è che il luogo propedeutico di ritorni memoriali, concessi dalla dimensione del sogno. Non a caso la seconda sezione, Macchina onirica, ci restituisce l'antitesi tra sonno e veglia, intervallo in cui passato e presente si saldano. Il sonno dilata l'epica di un frammento ricco di congiunzioni, quasi un'unità anelata rispetto al «precario esserci» del reale. Tutto è ricondotto al potenziale illimitato (e sconosciuto) della mente, fino quasi a metterne in dubbio l'esistenza nell'ultimo capitolo, Mente cielo materia. D'altra parte pochi poeti come Maurizio Cucchi sanno abitare lo spazio frontale del tragico, con disinvolta levità, mai riparato da alibi consolatori. Riappare, in Sfiorando l'afasia, un remoto personaggio come Sabatino, ossessionato dall'etimologia, la stessa che ci conduce a evidenti contraddizioni semantiche che si sviluppano nella mobilità di temi e di molteplicità metrico-prosodiche. Una possibile risposta al rischio afasico si evidenzia nella sezione L'immagine, la parola. Dalle opere di ventidue grandi artisti, il poeta traccia una riflessione filosofica e sociale. Se Cucchi da sempre ci ha messo a parte della potenza evocativa del frammento, qui le sconnessioni si inabissano nel mistero contraddittorio della lingua, per giungere infine a un rapporto frontale tra immagine e parola, tra etica ed estetica, parafrasando l'anima di ogni opera rappresentata, che non è che il riflesso - spoglio di autoinganni - delle nostre vite.
17,00 16,15

I fiori del male di Baudelaire

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2024
pagine: 440
Rieccoci all'opera di un poeta esemplare, Charles Baudelaire, la cui assoluta, dirompente originalità ha trovato in ogni epoca nuove e appassionate adesioni e nuovi traduttori, spesso tra le figure di maggior risalto della poesia del loro tempo. Così avviene ora con Milo De Angelis, che ce ne fornisce una nuova versione d'autore. Classico e innovativo al tempo stesso, nei Fiori del male Baudelaire ha saputo esprimere la sua osservazione sensibile del mondo e dell'esistere nell'eleganza sempre impeccabilmente elevata della pronuncia e dello stile, anche trattando di una realtà umile e bassa, e in questo aprendo la ricerca poetica a una testimonianza della infinita complessità dell'esistenza. Attratto da un carattere ben riconoscibile dei Fiori del male , e cioè la sapiente inscindibile coesistenza di alto e basso, di sublime e orribile, il nuovo poeta-traduttore ha ben colto il formidabile senso, in Baudelaire, di una doppiezza che si manifesta nelle varie espressioni del reale, e dunque sia nella cangiante personalità femminile sia nella visione della città, entrambe da lui vissute e cantate con adesione e insieme con sottile sofferenza, al punto da gridare «Ti amo, infame capitale». Nella costante doppia articolazione del volto del mondo agli occhi del poeta risiede l'identità stessa della sua poesia, in cui comunque si impongono altri grandi temi: oltre a Parigi e alla donna, anche il viaggio, lo spleen , e le infinite corrispondenze che si intrecciano tra le cose facendo delle nostre vite «foreste di simboli». Intimamente coinvolto dalla sfida di una vertiginosa voce poetica che nel giro di pochi versi si getta a capofitto dall'azzurro all'inferno, e passa dalla morte alla preghiera, dalla pienezza dei sensi a immagini di decomposizione, dall'opulenza agli stenti, De Angelis si attiene strenuamente e con grande efficacia alla lettera dell'originale, e ci regala un Baudelaire profondamente suo ma che nello stesso tempo rimane profondamente se stesso nel verso e sulla pagina.
22,00 20,90

Nel concerto del tempo

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2024
pagine: 160
Figura di rilievo e voce autonoma della nostra nuova poesia, Marco Pelliccioli ci offre qui, nella spoglia concretezza viva del suo stile, un ampio quadro di personaggi e situazioni in cui un passato anche lontano viene a porsi sottilmente in confronto con la mutata realtà dell'oggi. "Nel concerto del tempo" procede essenzialmente nei termini di una narrazione condotta attraverso la memoria da una voce fuori campo, una "controfigura" che riporta a galla volti spesso familiari in una galleria di umili apparizioni. Nel pacato ed efficace alternarsi di prosa poetica e versi, Pelliccioli oscilla tra dimensione orizzontale e verticale, portando sulla scena oggetti domestici e amuleti, dettagli di quotidianità, senso di nascita e morte, presenze e sparizioni, piante e piccoli animali, parole prelevate da un dire talvolta dialettale. Ecco allora l'Angiolina, l'Agnese, la Nunzia o la Martina, e insieme a loro anche l'Alberto e lo storpio, la loro «epica sconnessa», nel «tempo che indocile non passa». Si tratta di un tempo che è anche il tempo storico, con sottostanti riferimenti a vicende accadute ed entrate nella cronaca, se non negli annali. Ci troviamo di fronte a «invisibili creature / che nuotano nel cielo», offerte dal poeta che coglie al contempo l'affacciarsi problematico di una contemporaneità divenuta, come è sempre più evidente, meccanica e tecnologica. Il percorso dell'opera si svolge in una sorta di articolata coerenza poematica, fitta di rimandi interni, nell'impeccabile controllo stilistico di una musica che passa dal recitativo al canto sommesso, in momenti di un netto realismo, non senza aperture oniriche, con tratti di un'efficace e oggi insolita, ma innovativa, lieve coloritura espressionistica.
16,00 15,20

Degli amanti non degli eroi

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2024
pagine: 200
Due percorsi narrativi in versi, due vasti movimenti poetici che rivelano, nei termini di una insolita energia espressiva, il carattere di un autore che da sempre si è mosso con efficacia coinvolgente sul doppio registro della scrittura in versi e del romanzo. Daniele Mencarelli, con "Degli amanti non degli eroi", riesce qui a comporre un doppio quadro, con due poemetti complementari nella loro diversa fisionomia, nella linearità internamente turbata dell'ampio racconto d'amore fra due giovanissimi, in apertura, e nelle screziature interne, anche sul piano della pronuncia e della versificazione, di Lux Hotel , il testo successivo. Due impostazioni alternative, dalle aperture e dai turbamenti di "Storia d'amore", al complesso gioco metaforico del secondo poemetto, dove viene messo in risalto il tema dell'eroismo negativo nella sua connotazione guerresca, nella speranza, «meravigliosamente utopistica» come dichiara lo stesso autore in nota, «che si arrivi a un mondo dove a essere festeggiato è l'eroismo del perdono, della compassione, del coraggio che soccorre». Una straordinaria ricchezza di situazioni concrete, vissute e ritratte in vivi dettagli, nell'affiorare del «dolore che non s'affoga», caratterizza il primo capitolo, nel quale Mencarelli riprende, con sensibili, decisive modifiche, un testo apparso anni fa; mentre nel secondo, ambientato tra le luci e le ombre di un albergo di lusso, si muovono emblematici personaggi frutto di un'immaginazione quanto mai ricca e variegata. Ecco allora la figura del concierge, ecco l'ombra di un dittatore e i soldati Mercurio, Marte, Nettuno. Umani traffici e minuzie di orrori si manifestano con imprevedibili esiti nel gioco d'azzardo di Lux Hotel, realizzando un singolare e affascinante contrasto rispetto al racconto d'amore «nella sua dismisura» del primo poemetto, in un'opera poetica che conferma Mencarelli come una delle personalità di maggior spicco e solidità della nostra nuova ricerca letteraria.
18,00 17,10

Madre d'inverno

Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2023
pagine: 144
Vivian Lamarque possiede una rarissima dote: sa rendere lievi gli strappi dell'emozione più complessi e profondi. E ne sa comunicare tracce ed esiti con la grazia sottile della sua impeccabile petite musique. Ne aveva già dato importanti prove nelle sue opere, da Teresino a Una quieta polvere. E lo conferma in Madre d'inverno dove, già dal titolo, indica il percorso centrale di una raccolta che si sviluppa in varie direzioni. L'idea e la figura materna, dunque, vissuta nel trauma originario – accettato con sapienza eppure inguaribile, nel paradosso e nel dolore – della sua doppia immagine, quella della madre biologica e quella della madre adottiva. In uno scenario aperto e sofferto, fitto di elementi di concretissima realtà quotidiana, dove si intessono frammenti di dialogo e schegge di parlato, si passa da una iniziale sequenza ospedaliera a versi in cui si realizza una sorta di postumo colloquio con la figura materna. Il coinvolgimento del lettore scatta immediato poiché, partendo dalla propria esperienza personale, l'autrice mette a punto un vasto disegno in cui la madre diventa una forma assoluta, l'emblema di tutte le madri. Nella mobile ricchezza di un'opera composta in un ampio arco di tempo, e successivamente ancora rivisitata, l'autrice si rivolge alle più svariate tracce della memoria, fino a introdurre, improvvisa, "l'altra madre", quella biologica, insinuando, in un tono di assoluta normalità antiretorica – e perciò ancora più autentica –, un senso di pervasiva, interiore instabilità. Lamarque è per fortuna ben lontana dal chiudersi in un territorio tematico senza sbocchi, e infatti si apre a varie "avventure", ad altre madri espressive. Fino a coinvolgere l'esempio di Wisława Szymborska; fino a coinvolgere una sua «coinquilina poco prevedibile», e cioè la poesia stessa, di cui, con la sua voce inconfondibile, si conferma una delle nostre espressioni più vive, originali e giustamente amate.
18,00 17,10

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