«Per Diderot, come la vera grande poesia è quella che intrattiene un intimo e stretto colloquio con la filosofia, così la vera e grande filosofia è quella che è in costante dialogo con la poesia». Così scrive Vincenzo Barba nel saggio "Il compasso e la lira", che introduce la sua traduzione delle "Poesie" di Denis Diderot. Non sorprende quindi che Vincenzo Barba – studioso rigoroso e appassionato delle correnti radicali dell‘illuminismo francese – abbia lasciato una raccolta di poesie che viene ora pubblicata a cura dei nipoti Elsa e Matteo D'Ambrosio. Sorprende invece quanto sembri riferibile ad alcune sue composizioni ciò che egli osserva a proposito delle poesie del filosofo di Langres: «Nell’epigramma, a volte scherzoso e garbatamente pungente […] prende di mira i dogmi della religione cristiana […]; nelle poesie d’ispirazione libertina, una grazia sorridente e una schietta tenerezza si accompagnano a una sensualità più o meno marcata […]; soffuse di una lieve tristezza e di una malinconica rassegnazione sono alcune poesie […] dove parla di se stesso, di ciò che è ed è stato, e si sofferma a meditare sul rapido e inesorabile trascorrere del tempo».