«L’animale come altro»: è da questa prospettiva che Orietta Ombrosi esplora la «questione animale» nell’opera di Jacques Derrida, costruendo un bestiario – da Derrida solo immaginato – tra racconti biblici e poetici, concetti e argomentazioni filosofiche, arricchendo così la riflessione della vita reale o metaforica degli animali e delineando la nascita di un movimento di pensiero alternativo. Cercando di «allentare» la prospettiva logocentrica del discorso filosofico sull’animalità , attraverso il bestiario che l’autrice depista nell’immensa opera di Derrida, ogni animale viene a introdurre trasversalmente questioni che lo riguardano e a tracciare possibili vie, spazi alternativi o piste di indagine distinte, sebbene collegate: la sofferenza e il sacrificio, l’etica e la differenza di genere, ciò che resta della teologia e il suo legame con il politico, la politica stessa, come pure il ruolo della poesia nel suo dialogo con la filosofia, quello della scrittura, umana e animale che sia, sono rappresentate, come in ogni bestiario, da un animale ben preciso. Ecco, dunque l’asino, il gatto che è una gatta, e poi un cane dal nome proprio; ecco l’ariete e il lupo, e anche una piccola colomba; senza dimenticare il serpente, la bestia che è già sin dall’inizio. Su questo ricco mondo animale, infine, planano senza sosta le grandi ali dell’utopica Chimera, che raccoglie, ruggendo, il canto del gallo che annuncia quel nuovo giorno in cui le relazioni tra umani e animali saranno, finalmente, radicalmente differenti.