Millenovecentoquaranta. A Kate Lambert bastano pochi giorni al Cairo per innamorarsene perdutamente. Si è lasciata alle spalle una Londra plumbea su cui già soffiano i venti della nuova guerra. La capitale egiziana è luminosa, rifulge perfino di notte del chiarore del deserto, una babele di odori, cibi, lingue, religioni che non conosce barriere né diffidenza, solo accoglienza e curiosità. A un primo sguardo, Kate è come molte donne inglesi, gli occhi azzurri, i capelli dorati, i lineamenti fini. La sua fame di vita però la rende diversa. I luoghi prediletti dalla comunità cosmopolita, come il Shepheard’s Hotel e la Pasticceria Groppi, sono magnifici, ma lei preferisce perdersi nei vicoli polverosi, respirare il profumo di gelsomino e di legno di Agar, camminare lungo la Corniche del Nilo. Crede nella libertà dei suoi vent’anni che si spalancano davanti a lei come una promessa. Fino all’incontro con Hafez. Di lui non sa nulla se non ciò che vede, gli abiti occidentali, l’accento di Oxford, anche se percepisce qualcosa di sfuggente e misterioso. Non sa ancora che Hafez ha un profondo legame con Gamal Abd el-Nasser, quel Nasser che trama insieme a un gruppo di ufficiali per rovesciare re Farouk e restituire l’Egitto agli egiziani. Che fomenta il sentimento antibriannico e l’antisemitismo dilaganti per sancire la fine del colonialismo e il nuovo corso del Levante. L’amore tra Kate e Hafez è un terremoto che li trova impreparati e li distoglie dal loro destino. Da Londra al Cairo, da Alessandria a Beirut, arriverà il tempo della scelta fra la loro unione o l’Idea più grande che potrebbe distruggerla. "Tornare al Cairo" è un romanzo che dice della nostalgia per il dialogo fra civiltà, per il luogo e il tempo in cui la magica alchimia è stata possibile.