Berlino Ovest, 1968. Mentre una rivolta giovanile travolge l’Europa in piena Guerra Fredda, due uomini si fronteggiano al tavolo degli interrogatori. Il primo, Ferdy Kaplan, ha sparato a uno studente, uccidendolo. Il secondo, il commissario Müller, sta cercando di scoprire perché. In un botta e risposta serrato in cui il poliziotto tenta di stare dietro alle svolte di una strana vicenda, il passato di Kaplan viene a poco a poco rivelato: la storia d’amore con l’amica d’infanzia Amalya, la loro comune passione per Kafka, il movimento radicale in cui militavano. Tra il carcere e le udienze in tribunale emerge che l’obiettivo di Kaplan non era lo studente, bensì un uomo misterioso che camminava vicino al giovane ucciso per errore. L’anziano scampato all’omicidio, si scopre, è Max Brod, l’amico prediletto di Kafka cui lo scrittore aveva affidato le sue ultime volontà chiedendo che i suoi manoscritti fossero bruciati, e che aveva tradito queste disposizioni decidendo non solo di salvarli, ma di pubblicarli interamente. Così, l’interrogatorio di un assassino si trasforma in un dialogo stringente tra un appassionato amante di Kafka in cerca di “giustizia” e un commissario di polizia che impara sulla letteratura, e sulla “verità”, più di quanto avrebbe creduto possibile. Alla fine, sul caso e sui lettori resta sospesa l’ombra di una domanda: Brod è vittima o colpevole? In un originale tributo a un autore che sente congeniale, Burhan Sönmez scrive un romanzo d’amore e vendetta tra Parigi e Istanbul, Berlino Ovest e Tel Aviv, sullo sfondo delle tensioni che scuotono la Storia alla fine degli anni ’60.