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Libri di Giuseppe Limone

Biografia e opere di Giuseppe Limone

Le libertà nella giustizia, la giustizia per le libertà. Fra sovranità, forze sociali e corpi viventi

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2021
Libertà e giustizia vengono solitamente contrapposte. Qualche volta, considerate complementari. Quasi mai si compie il più difficile percorso di considerare l’una e l’altra attraverso una loro scomposizione in fattori primi, che costringano entrambe a rivelare la propria identità. Ancora più difficile è affrontare questo problema cimentandosi con le concrete esperienze storiche delle comunità, delle statualità e delle sovranità. Non va dimenticato, quando si parla di uomini concreti, che non si tratta di affrontare semplicemente il tema della “libertà” in generale, ma di misurarsi col problema delle libertà, intendendo con questo plurale non i tipi di libertà, ma le singole libertà, quelle dei singoli uomini concreti. In ogni caso, può rivelarsi decisivo, a questo punto, il dilemma: pensare le libertà a partire dalla giustizia o la giustizia a partire dalle libertà? Giustizia è, secondo una formula consolidata, “dare a ciascuno il suo”. Una tale formula non è, come alcuni ritengono, vuota, perché implica almeno l’idea che non ci sia arbitrarietà nella distribuzione. Ma che cosa significa, all’altezza di una comunità organizzata, dare a ciascuno il “suo”? Non si tratta di dare soltanto cose, ma libertà e – ancor meglio – diritti individuali fondamentali. Attraverso quali forme strutturali? Bisogna riuscire a scavare un tale itinerario all’interno dell’idea di sovranità e del suo sviluppo storico. Ma, nel contesto del mondo contemporaneo, emerge con forza un altro cruciale problema: quello della fragilità.
32,00 30,40

Il pudore delle cose, la responsabilità delle azioni

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2020
pagine: 350
Esiste al tempo d’oggi un problema cruciale, sul quale non c’è sufficiente attenzione. Riguarda due parole, di cui l’una è pressoché dimenticata e l’altra più declamata che compresa. Si tratta delle parole “pudore” e “responsabilità”, cui corrispondono complessi significati, riconoscibili a più strati. Sono parole espressive di idee e di pratiche di vita, forse di valori. Fra esse esiste un sotterraneo rapporto, che il mondo della scienza e della tecnica sta, al tempo stesso, oscurando e mettendo allo scoperto. Anzi, dovrebbe dirsi che, proprio perché le sta oscurando, le sta mettendo meglio allo scoperto, facendole emergere per negazione. Sotto l’aidos e la dike, ben presenti nel dialogo platonico del Protagora, è forse individuabile un’idea matematica soggiacente. Da una tale puntuale ricostruzione un intero mondo etico appare. Forse può essere significativo, oggi, un confronto fra l’antico dialogo platonico e i tempi contemporanei, scoprendovi una comune trama sottile.
34,00 32,30

Kalòs kai agathòs. Il bello e il buono come crocevia di civiltà

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2018
pagine: 310
L’idea del “kalos kai agathos” − del bello e del buono insieme combinati − consente, nell’intero percorso della civiltà occidentale, alcune piste di riflessioni, interrogabili nella loro cifra speculativa. La prima riguarda una formula che tradizionalmente caratterizza l’antica civiltà greca, tanto cristallizzata nel tempo da costituire quasi una endiadi (un “kalon kai agathon”, che arriva fino a identificare una “kalokagathìa”); la seconda pista coinvolge il “kalon kai agathon” come cifra confrontabile con quella del “bonum et aequm” della civiltà romana; la terza pista attraversa alcune riflessioni sul significato di questa doppia cifra nel percorso della civitas christiana; la quarta pista concerne il progressivo dissaldarsi – nel tempo della modernità – del bello e del buono da un ordine trascendente che, più o meno velatamente, lo qualificava. Ma le piste precedenti costituiscono solo il necessario presupposto per interrogarsi, nel tempo contemporaneo, su quale significato possa avere oggi, in termini antropologici, una cifra che raccordi le tre tradizionali qualità dell’essere: il bello, il buono e il vero. C’è da domandarsi: hanno ancora senso nel mondo contemporaneo? E in quale modalità? Non può scoprirsi forse, alla fine, che in quelle qualità ontologiche è nascosto proprio ciò che si credeva superato e trasceso, cioè l’ultimo resto dell’umano? Tutto ciò può consentire alcune riflessioni sulla civiltà contemporanea: su ciò che promette, su ciò che minaccia e su ciò che, intanto, nasconde. Forse lo stadio a cui è pervenuta nel nostro tempo la società secolarizzata e l’ingresso in scena della macchina cosiddetta “intelligente” costituiscono l’avvento di un trauma profondo e durevole che dà a pensare. Scritti di: Giuseppe Limone, Giulio Maria Chiodi, Osvaldo Sacchi, Raffaella Limone, Giovanni Andreozzi, Carlo Pontorieri, Antonio Camorrino, Mirella Napodano, Angelo Zotti, Emanuela Spanò, Niraj Kumar, Sanad Obad, Alberto Virgilio, Valeria Verde.
34,00 32,30

Ars boni et aequi. Il diritto fra scienza, arte, equità e tecnica

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2017
pagine: 312
Il diritto è da sempre fenomeno sociale multiforme, non legato alla contingenza di un’epoca o di una dottrina, ma strutturale, in quanto riconoscibile sottotraccia in ogni ordinamento, comunque sia esso concepito. Hans Kelsen, chiarendo i tratti fondamentali del suo giuspositivismo, afferma che la giustizia è un ideale irrazionale, in quanto tale non suscettibile di conoscenza razionale. D’altra parte, dalla latinità antica perviene, come è noto, un’idea del diritto come ars boni et aequi. Per Kelsen il diritto non è giustizia; per la latinità, esso è intrinsecamente connesso con il bonum e con l’aequum. Per Kelsen di questo diritto (positivo) si dà scienza; per la latinità, di quel diritto (equitativo) si dà arte. La di-stanza fra le due concezioni non potrebbe essere maggiore. La mossa da compiere, allora, è di interrogarsi non solo sul “presupposto logico” dell’ordinamento giuridico, ma sul suo “presupposto ontologico”, che per Kelsen stesso – se ne accorga o no – è il mondo della vita. Le linee intorno a cui si muove questo volume intendono far emergere l’intrecciarsi necessario di norme, principi, forme di vita e di mondi pre-categoriali della vita. In quest’orizzonte, le norme hanno statuto logico, i principi statuto analogico, le forme di vita e il mondo della vita statuto fenomenologico, cioè esperibile in termini di vissuto. Emergono, dunque, i caratteri di un filone invisibile che opera in questo intreccio complesso – fatto di principi-forza e di situazioni-forza che attraversano l’intera struttura delle regole – e identificabile come simbolica giuridica. Scritti di: Giuseppe Limone, Giulio Maria Chiodi, Osvaldo Sacchi, Diego Giannone, Anastasiia Kraskovska, Angelo Zotti, Alberto Virgilio, Alfonso Falcone, Valeria Verde, Animesh Das, Raffaele Aveta, Luigi Colella, Benedetta Panchetti, Adele Pastena, Pasquale Viola, Chiara Correndo, Alessandro Cenerelli.
32,00 30,40

La macchina delle regole, la verità della vita

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2015
pagine: 524
La macchina è una struttura esteriore, fatta di regole intellettualmente costruite e di movimenti frazionati e coordinati. Essa opera indipendentemente da intenzioni dichiarate, da considerazioni sul qui e ora e da fini volta per volta voluti. In quanto tale, si dice che funziona. Questa catena di movimenti e di regole rigorosamente precostituite è macchina. Solo un Logos può produrre questa macchina, cristallizzandosi nella sua struttura e risparmiando, così, tempi e sforzi di ripensamento. Nella macchina il Logos si depone. Più precisamente, diremo che questo Logos tende a farsi techne, cioè tecnica, e che questa tecnica diventa - nella sua fase più elaborata e consapevole macchina. Questa macchina non è necessariamente fatta di pezzi meccanici. Può essere fatta di proposizioni logiche, di norme giuridiche, di atti umani organizzati, di comportamenti sociali. Questa macchina, con l'avvento della specializzazione scientifica moderna, può appartenere a qualsiasi settore disciplinare e a qualsiasi struttura istituzionale. Ma la macchina delle regole giuridiche così come ogni altra macchina tende ad autonomizzarsi rispetto al mondo della vita, praticando come sua nobiltà scientifica quella di interrompere ogni rapporto con quel mondo. A questo punto sono possibili solo due strade: o la macchina delle regole mantiene un minimo di rapporto col mondo della vita attraverso la ratio e i principi, oppure la stessa macchina delle regole segna un'interruzione netta col mondo della vita.
46,00 43,70

Che cos'è il giuspersonalismo? Il diritto di esistere come fondamento dell'esistere del diritto

Libro: Libro in brossura
editore: Monduzzi
anno edizione: 2015
pagine: 242
La persona, come la singolarità e la sua idea, è un Everest filosofico. È un'idea complessa a più tornanti le cui componenti possono essere considerate insieme e separatamente. Ognuno dei tornanti si presenta come uno specifico paradosso. In una prima approssimazione diremmo che il significato della persona si delinea all'interno di una costellazione in cui essa è realtà singolare e la sua idea è prospettiva ontologica sussistente e la sua verità è la parte di un tutto che solo in parte è parte, perché in altra parte si presenta come un tutto, in quanto è irriducibile al tutto e indivisibile in sé; è l'eccezione istituente una regola che riesce e non riesce a farsene istituire; è l'idea di qualcosa che resiste alla possibilità di essere ricondotta a un'idea. In questo orizzonte, che mette in rapporto la persona con un qualsiasi ordine concettuale, essa si configura come invenzione teorica, come paradosso logico e come misura epistemologica. La persona è la nuova misura. Essa è l'esistenza concreta, guardata come l'atto di esistere unico, nuovo, relazionato e profondo: la nuova e permanente misura elevata da ognuno nei confronti di ogni sistema (concettuale, etico, politico) che si arroghi come chiuso.
21,00 19,95

La forza del diritto, il diritto della forza

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2014
pagine: 584
Jean-Jacques Rousseau, praticando a modo suo lo spirito dell'Illuminismo, ha affermato: "Il più forte non è mai abbastanza forte da essere sempre il padrone se non trasforma la sua forza in diritto e l'obbedienza in dovere". Come può fare la forza allora a chiedere obbedienza? La forza è, sul piano fattuale del suo essere forza, solo causa di effetti, che sono cosa diversa dall'obbedienza. Il nocciolo del problema sta allora nella differenza tra la forza in quanto esercita i suoi effetti nel mondo naturale e la forza in quanto esercita i suoi effetti nel mondo umano. In questo secondo caso essa necessita di un minimo di partecipazione da parte del soggetto, che può esprimersi in forme diversificate: nella paura, nell'imitazione gregaria, nella pigrizia, nella viltà, nell'inerzia, nell'accettazione, nella fiducia, nella volontà. Uno dei modi per persuadere all'obbedienza è stato, nel corso dell'evoluzione umana, il ricorso all'idea della ragione, che è anche un procedimento attraverso cui la forza imperativa si auto-giustifica. La ragione, perciò, si presenta come fondamento simbolico, ossia come forza capace di persuadere all'obbedienza, sintetizzando in un unico significato fattori intellettuali e fattori emozionali. Su questa strada, possono e debbono indagarsi i molteplici modi con cui la ragione ha cercato di istituire limiti alla forza.
52,00 49,40

La catastrofe come orizzonte del valore

La catastrofe come orizzonte del valore

Libro: Libro in brossura
editore: Monduzzi
anno edizione: 2014
pagine: 178
15,00

La domanda di libertà, l'offerta di responsabilità

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2012
pagine: 448
Nell'evolversi di un possibile, e sicuramente auspicabile, incontro fra l'io individuale e il tu sociale, accade che l'io individuale si avveda che la sua spontaneità riesce a realizzarsi come libertà se si realizza come libertà di non confliggere distruttivamente con gli altri. Allora nella sua domanda di spontaneità egli diventa cosciente che può realizzarsi come libertà soltanto autolimitandosi. Dall'altro lato il tu sociale diventa, prima o poi, consapevole che può fissare argini all'individuo se gli consente di esercitare la sua libera spontaneità. Dunque l'individuo può essere libero soltanto a condizione di essere responsabile, cioè cosciente dell'esistenza limitante del tu, mentre il tu sociale si accorge di poter imporre una responsabilità soltanto se consente all'io individuale l'esercizio della sua libertà. La libertà come domanda si auto-impone come confini quei medesimi argini che il tu sociale impone all'io secondo il proprio strutturale statuto di istanza che lega. Pertanto la domanda di libertà sta sotto la condizione della responsabilità, mentre l'offerta sociale di responsabilità sta sotto la condizione della libertà. Alla libertà come domanda corrisponde la responsabilità come offerta. Due mondi s'incontrano in un luogo comune, che configura la struttura portante di un mondo-della-vita umano. È questo il tema cruciale, antico e sempre nuovo, aporetico ma ineludibile, che viene affrontato da varie angolature nei saggi di questo volume.
39,00 37,05

La responsabilità di essere liberi, la libertà di essere responsabili

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2011
pagine: 336
Nei saggi di questo volume la riflessione si svolge intorno ai due nodi teoretici della libertà e della responsabilità, attraversando i territori del diritto e della problematica giuridica, del pensiero e dell'azione di Simone Weil, delle questioni filosofiche e politiche. La libertà non si può pensare senza un minimo di condizioni di fatto che la rendano possibile. È dunque necessario distinguere fra una libertà come condizione e una libertà come capacità. Ma tutte le condizioni di libertà non avrebbero senso se non fossero precedute e sottese da una libertà come capacità. Per converso senza le condizioni fattuali di libertà non si può esercitare una libertà come capacità. Nella libertà come capacità si ha a che fare con quella particolare potenza del volere di distaccarsi, di sottrarsi alla mera serie delle cause, di orientarsi verso un fine, di generare un inizio nuovo. Perciò la libertà è la capacità di trascendere la propria condizione, di prendere distanza da essa, di riorientarla sempre e daccapo. In definitiva è libertà come potenza di comparare, di ponderare e di giudicare. È l'insieme di questi livelli a costituire il significato maturo della libertà, cui corrisponde una precisa responsabilità. In un orizzonte pieno la libertà non è solo un sostantivo, ma un verbo; non è solo uno stato, ma un'azione. Essa non è solo la condizione e la forza di ciò che è libero, ma l'azione che libera.
31,00 29,45

L'etica dell'equità e l'equità dell'etica

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2011
pagine: 640
Il problema dell'equità è uno dei più ardui della scienza giuridica. Spesso percepita sul piano etico, politico, filosofico o teologico come sinonimo di uguaglianza o di giustizia, non esiste filosofo, giurista, teologo o storico del diritto che non debba misurarsi con questo tema. Tra le ragioni di tanta complessità c'è anzitutto un problema epistemologico. L'equità appartiene a una larga classe di concetti filosoficamente rilevanti in cui la relazione quantitativa tra l'universale (equità come giustizia) e il particolare (la sua applicazione in ogni singolo caso) assume un aspetto qualitativo. L'universale che rappresenta la nozione sintetizza in un'idea contenuti fondati sull'esperienza, tale idea trascende le sue realizzazioni particolari. In questo senso il concetto di equità comprenderà sempre tutta la giustizia non ancora realizzata. È questo il carattere normativo di tale nozione, in cui il rapporto tra tutto (l'idea di giustizia come manifestazione di equità) e parte (la giustizia del caso concreto) non è soltanto una connessione meccanica, ma anche un nesso teleologicamente direzionato. Una nozione come quella di equità diventa così un concetto universale che può essere allo stesso tempo fuori e dentro la storia. Essa vive dunque nella dialettica tra il principio dell'intero e il principio dell'eccezione.
40,50 38,48

L'etica dell'equità, l'equità dell'etica

Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2010
pagine: 576
L'universo del Diritto è un universo teso fra le due coordinate della certezza e dell'equità. Essendo un insieme di regole, esso si pone come una maglia con tessitura a due aghi, di cui l'uno è la certezza e l'altro l'equità. La certezza è il corpo manifesto e l'equità il principio costitutivo e di tessitura. La certezza in quanto cerca di realizzare alcuni profili formali dell'equità, ossia in quanto tende, attraverso alcune procedure, all'equità, si pone come "certezza del diritto". La "certezza del diritto" è il luogo della reciproca tendenza al limite fra un'equità che non può non darsi un minimo di certezza e una certezza che non può non darsi un minimo di equità. Un'equità che non si dia un minimo di corpo certo, diventa iniquità, in quanto sconfina nell'iniquità della vaghezza; una certezza che non realizzi un minimo di ordine sensato, diventa incertezza, in quanto sconfina nell'incertezza della frantumazione. La certezza del diritto si pone in tale contesto come un possibile punto di equilibrio fra equità e certezza. L'equità infatti, dal punto di vista dell'esperienza giuridica, non può non tendere a un minimo di certezza, in quanto deve necessariamente darsi un corpo manifesto; e d'altra parte la certezza non può non tendere a un minimo di equità nel suo dover necessariamente realizzare un minimo di senso. Ma esiste nel mondo del Diritto una legge che dice che bisogna rispettare le leggi? Certo, anche se celatissima, essa esiste.
33,50 31,83

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