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Libri di Filippo Boni

Biografia e opere di Filippo Boni

Mi chiamo Oleg. Sono sopravvissuto ad Auschwitz

Libro: Libro in brossura
anno edizione: 2025
pagine: 288
Ha undici anni Oleg Mandić, quando l'Armata Rossa entra ad Auschwitz per liberare gli ultimi sopravvissuti. Nato a Sušac, attuale Croazia, nel 1944 viene arrestato con la madre e la nonna e deportato. Non è ebreo ma prigioniero politico, perché suo padre e suo nonno, dopo l'occupazione, si sono uniti ai partigiani. Ad Auschwitz sperimenta e sopporta l'inimmaginabile: la fame, i lavori forzati, i continui soprusi delle SS; finisce anche nel famigerato reparto del dottor Mengele, da cui i bambini spariscono senza che nessuno ne sappia più nulla. La morte, nel campo, è ovunque: c'è chi la cerca per disperazione gettandosi contro il recinto elettrificato e chi, appena sceso dal treno, già finisce per trasformarsi in fumo e uscire dai crematori. Oleg, invece, si salva. Per caso, per fortuna, forse per destino. Per anni tiene sotto chiave i ricordi, incapace di descrivere ciò che ha vissuto. Ma quando riaffiorano, insieme a loro arriva il bisogno di tornare, di rivedere quei luoghi, darne testimonianza e rispondere al richiamo di una misteriosa lettera... «Alle mie spalle si chiuse il cancello di Auschwitze si abbassò la sbarra con sopra la storica frase: "Arbeit macht frei". Sono stato l'ultimo prigioniero a uscirne vivo.»
12,90 12,26

Muoio per te. Cavriglia, 4 luglio 1944: un massacro nazista che l'Italia ha dimenticato

Libro: Libro rilegato
editore: Longanesi
anno edizione: 2021
pagine: 372
Primavera 1996. Giuseppe Boni, 72 anni, macellaio in pensione, sta morendo, vinto da un cancro. Riempie con una certa premura le pagine di un diario che ricompongono una tragedia macchiata di rosso. Una tragedia di cui lui fu testimone e che solo pochissimi conoscono fuori dal borgo in cui vive. Una tragedia che si è consumata durante una tragedia ancora più grande e che, per questo, è stata dimenticata. La sua memoria va all’estate del 1944, quando compaesani, amici e parenti – il suo stesso padre – vennero rastrellati nelle proprie case, mitragliati e bruciati dai reparti tedeschi della Divisione Hermann Göring. Senza nessuna spiegazione. Senza nessuna giustizia. Giuseppe quel giorno si salvò, scappando nel bosco e nascondendosi vicino all’accampamento di alcuni partigiani. Suo padre, invece, convinto che il figlio fosse morto si consegnò ai tedeschi. Lo trovarono ricoperto di sangue, con la catena di un orologio a cipolla in tasca che Giuseppe ha custodito per tutta la vita. Le maglie di quella catena gli ricordano ora le tappe che portarono all’eccidio: gli spostamenti dei partigiani, l’arrivo dei tedeschi nelle settimane precedenti il 4 luglio, la pianificazione del massacro e l’inferno di quella mattina. Ma gli ricordano anche le storie incredibili di chi non ebbe tempo neppure di salutare, di chi, come don Ferrante, offrì la propria vita in cambio di quella degli altri, di chi si salvò in modo rocambolesco, come Gino che la madre travestì da donna e di chi invece morì tragicamente, per sbaglio, per un colpo di vento, per una finestra chiusa male, per una spiata di un traditore o per un eccesso di buona fede. Perché il ricordo di tutto quel dolore non svanisca per sempre, Giuseppe il macellaio si fa narratore, e trasmette al nipote, l’autore di questo libro, l'accorata testimonianza di un atroce massacro di cui nessuno si era mai occupato.
19,00 18,05

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