Libro: Libro in brossura
anno edizione: 2025
pagine: 192
Pensate a Galileo Galilei e ad Abraham Lincoln. Ora allo scrittore Georges Perec e alle aziende della Silicon Valley. Infine immaginatevi uno studente che risolve problemi matematici considerati impossibili e un'artista che inizia a dipingere a ottant'anni. Che cos'hanno in comune? Apparentemente, nulla. Eppure, c'è un filo rosso che attraversa i continenti, le epoche e i contesti più diversi. È la “mentalità del principiante”, in giapponese shoshin: un termine nato nel XIII secolo, nel cuore del buddismo zen, per descrivere l'atteggiamento di chi si avvicina a un'esperienza o a una disciplina per la prima volta, e lo fa con la determinazione di imparare e accogliere il nuovo, ma senza l'ansia di controllarlo, definirlo o incasellarlo subito. È una forma di apertura che non riguarda solo il sapere, ma tocca il modo stesso in cui osserviamo il mondo, incontriamo l'altro, risolviamo i problemi. Con l'accumularsi dell'esperienza, però, questa disposizione tende ad affievolirsi, finché non ci troviamo di fronte a un paradosso: quanto più sappiamo, tanto più rischiamo di chiudere la mente a nuovi spunti di apprendimento. Così, anche quando cerchiamo nuove informazioni, in realtà stiamo solo cercando conferme di ciò che già pensiamo. Mantenere viva una mentalità da principiante è l'unico modo per continuare ad apprendere anche quando sappiamo già molto. Non è una rinuncia al sapere, ma una forma più matura di conoscenza. Lo shoshin non arriva a noi come un concetto teorico, ma come uno strumento pratico che si basa su un'intuizione molto semplice: per ottenere un vero cambiamento non serve stravolgere la nostra vita; basta iniziare a guardare con occhi nuovi ciò che abbiamo sempre avuto davanti. “Adottare uno sguardo da principiante significa riconoscere che ogni scelta, per quanto piccola, può diventare un nuovo inizio, non importa cosa c'è stato prima.”