Libro: Libro in brossura				
														
										anno edizione: 2011
						
							pagine: 192
														
					Nel Novecento intere popolazioni del mondo sono state costrette all'esilio, in un tragico contrappunto con i genocidi, i massacri di massa, le guerre civili che hanno mutato il corso della storia del mondo. Utilizzando l'esilio come parametro interpretativo, l'autrice ci fa imbattere nei sentimenti di odio e di vergogna e in alcune condizioni della vita umana come apolidia, guerra e morte. Questa estensione è affiancata da testimonianze storiche, letterarie e teatrali che esprimono la sofferenza "esiliata" nella sua contemporaneità. Avvalendosi delle riflessioni metapsicologiche incentrate sui concetti di scissione, di abolizione della percezione interna, di rigetto e diniego (i concetti freudiani di Verneinung, Verleugnung e Verwerfung) il testo sottolinea l'inevitabile ridimensionamento che tali meccanismi apportano al meccanismo della rimozione, e segnala come l'esilio dell'Io nella psicosi attraversi uno squilibrio che danneggia l'Io e che viene visto all'interno di un unico paradigma strutturale traumatico. Di qui l'autrice sviluppa l'ipotesi dell'esilio dell'Io come di una forma  transizionale della mente che oltrepassa la psicosi. Si tratta di una ipotesi teorica che  scaturisce da una vasta  esperienza clinica, ampiamente descritta, e si riaggancia alla proposta da Freud espressa  nel Compendio di Psicoanalisi, dell'esistenza di un "angolino dell'animo", dal quale l'Io vigila impotente anche nei casi più tragici della vita psichica.