Barcellona è sanguinaria, fabbrica persone solitarie e le obbliga a convivere, non permette di stare da soli e nemmeno di formare una famiglia. È inospitale, claustrofobica, ha poche reti di solidarietà. La donna senza nome protagonista di Decadenza è laureata in pedagogia ma è costretta a pulire le case per sopravvivere: l’impiego in una ludoteca, infatti, non le permette di mantenersi. Poi un giorno perde anche il lavoro da domestica, e, scacciata violentemente da casa dai proprietari, si rende conto di essere condannata a vivere per strada. Consapevole del degrado che la vita all’aperto comporta, non si lascia andare, non si arrende al destino. Un’amica le viene in soccorso, di tanto in tanto la ospita o le dà da mangiare ma non potrà certo impedirle di scivolare in una febbre onirica di desiderio e illusione. Chissà che la follia non sia l’unica via d’uscita dal soffocamento di una società piegata al capitalismo selvaggio. Ed è per questo che in Fascino accade qualcosa di inusuale e forse magico, qualcosa che potrà davvero salvarla.