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Rubbettino: Che ci faccio qui

Tutte le nostre collane

Di lune e di falò. Cesare Pavese: antropologia del romanzo dell’addio

Libro: Libro in brossura
editore: Rubbettino
anno edizione: 2023
pagine: 166
È possibile fornire un'interpretazione antropologica del romanzo "La luna e i falò" di Cesare Pavese? Se ampia è la critica letteraria dell'opera pavesiana, parziale è lo sguardo antropologico. Lo scopo di questa ricerca è quello di sostenere che l'ultimo romanzo di Pavese è l'autobiografia dell'addio, "La luna e i falò" è lo specchio romanzato della sua storia di vita, metaforico testamento poetico, scientifico ed esistenziale che contiene e spiega le ragioni della maturata morte. Cesare Pavese vive a cavaliere tra le affettive native colline di Langa della tradizione e la strumentale città della complessità sociale. Il romanzo è l'inesausto tentativo di riappaesarsi alle colline delle giovanili radici perdute nel rumore del conoscere e dell'interpretare le spaesate strade del mondo. Una trasparente, approfondita ricerca del paese, della condizione contadina, delle tradizioni che narrano il suo ritorno in collina, volto ad acquisire una coscienza attiva della comunità. Commutatore sociale e culturale dell'esistenza dello scrittore tra la campagna e la città è l'amico Pinolo Scaglione, il falegname del Salto, il Nuto de La luna e i falò, mentore, mediatore, contadino solco diritto che porta Pavese per mano a scoprire e a riscoprire i miti e i riti della Langa del Belbo. Il tentativo dello scrittore di scollinare verso la terra delle origini per recuperarne le radici, per costruirsi una memoria di paese che gli permetta di sopravvivere a qualche "giro di stagione", è un doloroso viaggio verso la drammatica impossibilità di costruire una memoria che lo appaesi, che lo faccia sentire parte sostantiva della comunità.
16,00 15,20

Niente da vedere. Cronaca dal Polesine e altri spazi sconfinati

Libro: Libro in brossura
editore: Rubbettino
anno edizione: 2022
pagine: 160
Papozze, prima dell’alluvione del ’51, la cosiddetta Rotta, era adagiato sul Po e aveva circa cinquemila abitanti. Polesella è spezzata in due da un ponte che collega il Veneto all’Emilia. Ad Adria un’ennesima tragedia italiana sul lavoro. I Lidi Ferraresi invece, votati al turismo di massa, tra valli palustri e canali, si estendono, tra Rovigo e Ravenna, per venticinque chilometri di costa. Oppure ci sono i paesi di Fratta Polesine e Molinella, patrie dei carbonari ottocenteschi e di Matteotti il primo, del sindacalismo e del socialismo il secondo, dove ora la Lega si incunea fino a imporsi e, a volte, addirittura spopolare. Quelle che seguono sono pagine e scatti nati da viaggi nel “grande vuoto” padano, in uno spazio circoscritto che parte dall’entroterra ferrarese per estendersi ai fiumi Adige e Reno, fin verso il limite estremo della pianura. Si tratta di esplorazioni realizzate entro l’arco di due anni da uno scrittore e un fotografo atipici, sulle orme di scrittori e fotografi del passato, che costruiscono un portolano fatto di geografie dei margini settentrionali. Di queste terre piane e d’acqua, del Polesine come di qualsiasi anonima provincia italiana, da queste parti spesso si sente dire che non c’è niente: niente da vedere. I due protagonisti, nel tentativo di guardare l’Italia attraverso uno degli ultimi spazi sconfinati della pianura più industrializzata d’Europa, con in mente Adorno e Benjamin, sembrano voler dire che ogni luogo è un mondo. Ne emerge un inedito, a tratti sorprendente immaginario della pianura tra i fiumi che lambiscono l’Adriatico, in cui decifrare i segni del paesaggio circostante, raccogliere storie marginali, attraverso strampalate e improbabili ricognizioni, porta a interrogarsi, da Nord a Sud, sul destino dell’Italia più fragile.
16,00 15,20

Vivere altrove

Libro: Libro in brossura
editore: Rubbettino
anno edizione: 2019
pagine: 196
"Vivere altrove" racconta l’approdo in Germania, negli anni ’50, di una giovane sposa al seguito del marito funzionario d’azienda, che lì si trasferiva per sviluppare una succursale della casa madre piemontese. “Un’emigrazione facile e privilegiata”, si direbbe. Non paragonabile alle tante storie di miseria e necessità, di ieri e di oggi. “Ma esiste un'emigrazione facile? – si chiede l’autrice. – Nessun emigrato conosce alla partenza la portata del suo passo, il suo sarà un cammino solitario, incontrerà difficoltà che nessuno gli ha predetto, dolori e tristezze che pochi condivideranno. L’emigrazione gli mostrerà sempre la sua vera faccia, il prezzo da pagare in termini di solitudine e di rinunce. E a ogni ritorno in patria scoprirà quanto poco sappiano coloro che restano di ciò che capita a coloro che sono partiti." Quella dei primi anni, descritta dalla giovane Fenoglio, è una Germania minacciosa, una aliena entità geografica, ancora gravida dei tragici eventi della guerra, terra ostile per clima e paesaggi. Col tempo scoprirà che per ogni straniero l'indispensabile strumento di integrazione e di appartenenza al nuovo paese è la lingua: "La patria non è soltanto una casa, una famiglia, un paese, la patria è sopratutto una lingua. Ogni lingua è un confine territoriale che esclude chi non parla, un mondo a se stante che non rimpiange altri mondi perché tutto contiene, un tessuto connettivo che forgia i pensieri e fa di individui un popolo". Le parole che la maestra elementare dei suoi figli le rivolgerà, l'accompagneranno per tutta la vita: "L'estero per diventare normalità ha bisogno di tempi lunghi. Per gestire senza scossoni una doppia identità ci vuole pazienza, a volte una vita. Ma lei, che parla così bene il tedesco, ce la farà... Una lingua può diventare patria." Apparso la prima volta per Sellerio nel 1997, Vivere altrove viene oggi riproposto per la sua inesauribile attualità.
14,00 13,30

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